mercoledì 1 aprile 2020

Il taglio del bosco



Quando ho deciso di cambiare il mio modo di vivere ho dovuto, avendo investito quasi tutti i miei risparmi nei lavori di questa casa , capire come tirare avanti. 


Alla fine, purtroppo, i soldi, anche se pochi,  servono anche avendo un tenore di vita come il mio. Servono per la bolletta dell'elettricità, per comprare un paio di scarponi, per un pò di dispensa per beni necessari come il caffè ad esempio.

Quindi ho iniziato ad aiutare un vecchio boscaiolo, amico di mio padre, che mi ha insegnato il mestiere e, quando è andato in pensione, mi ha lasciato un piccolo plotone di clienti a cui lui forniva la legna per camini e stufe o pali per le recinzioni.

Qui molte proprietà sono abbandonate perchè i loro proprietari sono anziani o morti e gli eredi non hanno tempo e voglia di curarle. Ma, per fortuna, molti sono disposti a farti tagliare una parte dei loro boschi in cambio o di legna, di qualche lavoretto di muratura o di idraulica ( sono bravissimo) o, in pochi casi, di qualche euro.

I boschi nella mia zona sono per lo più di lecci, querce, faggi e frassini.

Quando è il momento del taglio, che di solito si fa quando la pianta è in fase di riposo quindi in inverno e dopo aver chiesto le autorizzazioni necessarie, inizio a tagliare le piante, quelle più vecchie, secche o malate, lasciando le madricine (in italiano matricine), e, quando sono a terra, ripulendole dai rami e spezzando i tronchi in pezzi di due metri di lunghezza.

Le madricine sono le piante più sane, più giovani che si lasciano perchè così spargendo i semi fanno crescere nuove piante così che il bosco si riproduca naturalmente. Un'altro modo si rigenerazione del bosco sono le ceppaie che daranno vita a nuove piante.

Qui non è pianura ma montagna, quindi devo far scivolare, rotolare i tronchi tagliati fino a un punto a valle del punto di taglio dove posso arrivare con il mio piccolo trattore o con due muli che prendo in prestito da un altro boscaiolo. I pezzi più piccoli li lego a piccole fascine e li faccio rotolare fino al punto dove posso recuperarli agevolmente.

Portato il legname vicino a casa inizio a fare delle cataste della legna verde che poi avrà modo di asciugare e seccare così che a fine estate  possa iniziare inizio il taglio e lo spacco. Per il camino a seconda della richieste, faccio pezzi di 40/50 cm e per le stufe a legna dai 25/ 30 cm.

Ho delle motoseghe di varie lunghezze ma lo strumento che uso di più è il pennato. Attrezzo antico, arma dei liguri-apuani che qui vivevano ai tempi dei Romani. 

Qui vicino ci sono anche delle grotte con incisioni che raffigurano il pennato che qui si chiama così ma che in italiano è una roncola.

E' un amico fidato, utilissimo nel bosco, per aprirsi un varco dove vi sono rovi e intrecci di arbusti, per una prima ripulitura dei rami più piccoli, per aiutarsi a salire, in qualche punto scosceso, come una picozza.

Di solito si porta alla cintura agganciato a un supporto in ferro. Facile da estrarre e sicuro per non perderlo. Anche di questi, come le motoseghe, ne ho di varie dimensioni. E la cosa che mi piace di più è affilarlo, lentamente come mi ha insegnato mio nonno.

Una volta il taglio avveniva  a mano, con lunghe seghe tirate da una parte e dall'altra da due persone, o per le piante più piccole a colpi d'ascia. 
I tronchi più grandi, portati in una segheria che era alimentata dalle acque di un torrente venivano sezionati a tavoloni e usati per i lavori di falegnameria.

La legna dicevano i vecchi ti scalda tre volte: quando la tagli, quando la metti a posto, quando la bruci.



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