domenica 9 agosto 2020

La vita prima della morte

Il 12 Agosto 2020 ricorre l'anniversario dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema. Sono passati 76 anni da quell'evento che ha segnato, per sempre, la memoria di questi monti e dei suoi paesi.
Ho raccontato in questi giorni i fatti dei giorni precedenti così come si sono svolti e ricostruiti con i documenti ufficiali, gli atti dei vari processi, le testimonianze dei sopravvissuti.

Ora vediamo com'era la situazione nel paese nei mesi in cui si riempì di sfollati in quella lunga estate del 1944.

Sant’Anna, frazione del comune di Stazzema (Lucca), si trova sulle estreme propaggini meridionali delle Alpi Apuane, a 660 mt. sul livello del mare. 

Sant'Anna era ed è un  “paese aperto”, costituito cioè non da un unico agglomerato, bensì da vari borghi sparsi disseminati nella vallata dominata dai monti: Gabberi ad est, Lieto a nord, Rocca e Ornato ad ovest. 

Quei borghi, formati da poche case, hanno denominazioni diverse: 

Case di Berna, Sennari, Fabbiani, Colle, Moco, Bambini, Vaccareccia, Argentiera di sopra e di sotto, Monte Ornato, Valle Cava, Vinci, Franchi, Pero, La Chiesa, Merli, Coletti e Molini. 

Al centro del paese si trova  la piccola chiesa, intitolata a Sant’Anna, risalente al XVI secolo.

Nel 1944 i vari borghi, collegati fra loro e alla valle solamente da sentieri e mulattiere, contavano in tutto 400 abitanti.

Sant’Anna viveva, come tanti paesi dell'Alta Versilia, prevalentemente di agricoltura e di pastorizia. Dalla mucca si ricavava il latte, dalle pecore il formaggio, dal maiale gli insaccati e dagli animali da cortile uova e carne. 

La ricchezza principale era data dal castagneto, dal quale si ricavava la farina di castagne che rappresentava il cibo più importante per l’alimentazione quotidiana.

Inoltre dal bosco ceduo, da cui si ricavava il carbone , utilizzato come combustibile e come merce di scambio con gli abitanti della piana della Versilia dai quali si prendeva il sale. 

Dai piccoli appezzamenti di terreno si ricavava il frumento, le patate, i fagioli e le verdure. Qualcuno andava al lavoro nelle vicine miniere di ferro del Monte Arsiccio e dell'Argentiera. 

Era difficilmente raggiungibile, solo con una mulattiera o sentieri nei boschi noti solo agli abitanti e situata in una posizione abbastanza defilata rispetto al fronte Appenninico della linea Gotica.

Quindi Sant’Anna dovette apparire come una zona sicura agli oltre mille sfollati provenienti dalla Versilia e dalle città della costa tirrenica che si andarono ad aggiungere alla popolazione locale. 

Il paese appariva infatti come un’oasi tranquilla rispetto a quanto stava accadendo sulla costa e più a sud, dove - dopo la liberazione di Roma - erano iniziate le operazioni di arretramento dell’esercito tedesco verso l’Italia settentrionale. 

Allo stesso tempo, la Versilia e l’area apuana erano considerate dai tedeschi zone strategiche nelle quali non tollerare alcuna forma di resistenza. 

Proprio per queste ragioni in quell'esate del 1944  gli abitanti di Sant'Anna dettero accoglienza a diverse centinaia di rifugiati. 

La popolazione, di fatto, quasi si quadruplicò fino ad arrivare, in agosto, a circa 1500 unità. C’era il problema di trovare un tetto dove rifugiarsi.

Ma, soprattutto, c’era il problema di trovare di che sfamarsi, ma c’era lo stesso la speranza di essere al sicuro dalla furia della guerra.


Vi ho descritto nelle piccole storie precedenti i vari protagonisti, nel bene e nel male, di quei giorni e, le forze di occupazione tedesche, i fascisti e i collaborazionisti italiani, le formazioni partigiane dislocate anche sui monti intorno a Sant'Anna.

All’alba del 30 luglio 1944 si era verificata una battaglia tra i partigiani della X bis brigata Garibaldi, attestati sul monte Ornato, e le truppe tedesche.

Dagli atti del processo di La Spezia, 2005
"Diverse squadre di SS in assetto da guerra, con bombe a mano, mitragliatrici, ecc., spararono in ogni direzione sul Monte Ornato verso le casette di persone "tranquille e operose".

Rastrellarono gli uomini perché “banditi” (secondo una totale equiparazione che, si è già visto, loro facevano della popolazione con i partigiani, quindi con i “banditen”, come si legge nei loro rapporti e diari giornalieri).

Cacciarono le loro famiglie e bruciarono le loro case perché dalle finestre avevano sparato contro i soldati tedeschi. Nella loro azione uccisero, inoltre, tutti gli animali domestici e anche un vecchio che non poteva abbandonare una di quelle case perché invalido."

Quel giorno terminò con la ritirata dei nazisti e l'attestamento delle brigate partigiane verso il Passo del Lucese, in una zona più interna in direzione di Lucca e ben lontano da Sant'Anna 

La Brigata partigiana aveva già subito pesanti perdite in duri scontri con i nazifascisti. 

Gino Lombardi e Piero Consani, i due precedenti comandanti del raggruppamento partigiano, erano ambedue caduti in imboscate tese dal nemico su delazione delle spie fasciste.

Scrive il superstite Alfredo Graziani nella memoria “L’eccidio di Sant’Anna”, pubblicata un anno dopo la strage: 

Le piazzette dei vari borghi che costituivano il paese e, specialmente, la piazza della Chiesa, ov’era anche l’ unico spaccio di generi alimentari e bevande, e dove, a date ore del mattino, si svolgeva un piccolo mercato di carne e frutta, rigurgitavano sempre di gente tranquilla e serena che  si animava nelle discussioni di affari o di guerre.

La domenica, poi, all’ora dell’ unica Messa, che veniva a celebrarvi il parroco di La Culla, era una bellezza. 

Ricordo ancora la festicciola nella ricorrenza di sant’Anna. (26 luglio) Si cantò, alla meglio, la “Missa de Angelis” in gregoriano. 

Io suonai l’organo, dopo mesi e mesi che quei popolani non lo riudivano. 

Chi mai avrebbe potuto anche lontanamente immaginare che una località di montagna, “luogo di quiete e di solitudine, vergine da ogni contatto e da ogni intruso politico” diventasse una trappola di tali proporzioni?.


Alcuni scontri trai partigiani, che avevano cominciato a popolare le alture circostanti, e i tedeschi, che si spingevano su per operazioni di rastrellamento, erano avvenuti nell’ultima quindicina di luglio, ma non avevano impressionato oltre quel tanto, cosicché la vita seguiva normalissima in paese.


Il fronte, a Pisa, si era mosso e le artiglierie alleate battevano già la zona del lago di Massaciuccoli e il litorale tra Torre del Lago Puccini e Viareggio. 

Pochi giorni appresso si sparse la voce che Sant’Anna era stata dichiarata “zona nera” e, pertanto, doveva essere evacuata dalla popolazione. Apprensioni su apprensioni. 

Ordini precisi non ve ne erano, né ve ne furono mai. Chi diceva sì e chi diceva no. Alcuni che andarono al Comune di Stazzema confermavano che il paese non era compreso nello sfollamento.

Nel dubbio, i più facemmo i fagotti e scendemmo giù in prossimità di Valdicastello: al Pio, in Cacciadiavoli, al Capannaccio e altrove, allogandoci alla meglio – e si può capir come- in capanne, in grotte, in attendamenti sotto gli alberi e, persino, in porcili. 

Fu la vita di alcuni giorni: perché ricordo che fra il 5 e l’8 agosto, tornammo a Sant’Anna, assicurati formalmente dal Comando tedesco, ove alcuni coraggiosamente erano andati, che potevamo rientrare purché, al paese, non vi fossero stati partigiani. 

E partigiani non ve n’erano affatto. Dopo le scaramucce del 30 luglio, si erano ritirati oltre lo spartiacque del Gabberi, in quel di Camaiore e, forse, anche più oltre. 

Tornammo, perciò, tranquilli. Sant’Anna riprese la sua vita normale. Ogni timore era dissipato”. 

Così ricorda quei giorni Alfredo Graziani e ci rende il clima che si viveva a Sant'Anna nel luglio/agosto del 1944.

Un'altra testimonianza racconta che "Il superstite Giuseppe Pardini, - si recò al comando tedesco di Camaiore, la signorina Scalero (poi uccisa il 12 agosto nda) a quello di Pietrasanta per sentire se dovevano sfollare sia Sant’Anna sia la Culla. 

Fu risposto a tutti e due che, non essendoci più partigiani, la parte del versante della chiesa di Sant’Anna e della Culla era stata dichiarata “zona bianca” e nessuno sfollò”. 


Il 5 agosto i tedeschi ordinarono lo sfollamento del piccolo paese di Sant’Anna di Stazzema. L’ordine venne annullato pochi giorni dopo, dietro l’assicurazione che nel paese non stazionavano partigiani. 



Così la vita degli abitanti di Sant’ Anna e degli sfollati riprese il suo ritmo normale. Nulla lasciava presagire lo scatenarsi della furia nazifascista in quell'agosto caldissimo del 1944.
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"Quando c'è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle scarpe, in secondo alla roba da mangiare; e non viceversa, come ritiene il volgo... perché chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l'inverso."
Primo Levi, La tregua
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