martedì 31 marzo 2020

Giro giro tondo...


Quand'ero piccolo non c'erano giochi elettronici, televisione e tantomeno computer. In casa avevamo una radio, una Grunding a valvole, un parallelepipedo di legno scuro con le manopole per sintonizzare i canali.

La sera mio padre l'accendeva per ascoltare musica o i notiziari. un sibilo e un ronzio poi si accendeva la lucina verde sullo schermo dov'erano scritti i canali.

A volte si sentivano lingue sconosciute, e mi affascinava sentire le voci arrivare da quella scatola e pensavo a quale magia poteva essere.

Noi bambini andavamo all'asilo in paese, gestito da tre suore tutte vestite di bianco e con un grande copricapo con le ali. 

Noi, tutti con un grembiulino bianco cucito da mamme e nonne. Io ne avevo uno, fatto da mia madre,  con ricamata la bandiera italiana sulla sinistra.

All'asilo ci insegnavano a colorare, e a scrivere nel senso fare stanghette, le lettere dell'alfabeto, scrivere i numeri e il nostro nome.

Ma la cosa che ci divertiva di più era la mezz'ora a metà mattinata, della ricreazione. E nel grande prato davanti all'asilo era tutto uno schiamazzare di bambini e bambini, chi giocava a nascondino, chi a salta cavallo, chi faceva il girotondo.

Quando ci si ritrovava, finito l'asilo, con gli amichetti il pomeriggio, o anche nelle lunghe sere d'estate ci inventavamo battaglie immaginarie nel bosco.

Indiani contro cowboy, Robin Hood con archi e frecce autocostruiti con mazze di castagno, e le battaglie finivano sempre con qualche ginocchio sbucciato, una camicia strappata e qualche scapellotto rimediato al ritorno a casa.

Altre volte nella piazza del paese si scatenavano partite a calcio con un vecchio pallone di cuoio che ci dava il parroco. Oppure le corse con i carretti, un paio di tavole inchiodate insieme e i cuscinetti come ruote, lo sterzo una fune legata alle due davanti. E le discese ardite e le ribadite...

Un altro gioco era quello del girello. Un filo di ferro rotondo di circa un metro di diametro, oppure un cerchione di bicicletta e un pezzo di filo o di legno a guidarlo. Vinceva chi non lo faceva cadere nella discesa.

Le bambine per lo più giocavano a campana, a volte anche loro con il girello o si sedevano sugli scalini della chiesa e pettinavano bambole di stoffa con i capelli di canapa fatte anche queste da mamme e nonne.

A un bambino, più fortunato di noi, regalarono per il suo compleanno un piccolo teatrino con quattro marionette con i fili, e allora tutti a cercare di farsele in casa aiutati da mamma e papà.

E per un periodo c'era la sfida a chi metteva in scena la storia più bella. La domenica pomeriggio un teatrino veniva montato nel cortile dell'asilo e a turno ogni bambino metteva in scena la rappresentazione.

Giudici insindacabili le tre suore.

E a parte la proclamazione del vincitore, senza alcun premio, la ricompensa per tutti era una merenda con pane casalingo strusciato con pomodoro e olio d'oliva.

Noi maschietti quello che avevamo come le bambine, oltre alla fantasia, erano le trottole di legno, le barchette fatte con i gusci di noce e le biglie di vetro.

Le trottole venivano tirate con il filo e vinceva chi rimaneva in piedi più a lungo. Con i gusci di noce andavamo a un piccolo ruscello e vinceva la barchetta che arrivava a un punto determinato dove l'acqua era più calma.

Con le biglie di vetro erano lunghi pomeriggi di gioco. 
Arrivavamo con ognuno il suo sacchetto a tracolla e pieno di biglie colorate e si giocava tipo bocce, chi colpiva la biglia dell'altro automaticamente la faceva sua.

C'era tecniche sopraffine degno di esperti di balistica. Il colpo a "nocchino", quello a "gancio", il più difficile quello a "poiana". La biglia si teneva sull'indice piegando il pollice che la colpiva. 

Le biglie erano di vetro trasparente con all'interno delle striscie di vari colori, le più ambite erano quelle bianche con stiature blu.

Poi con il passare degli anni e con l'arrivo della tv quasi in ogni casa i pomeriggi si passavano davanti all'elettrodomestico, finiti i compiti, con gli amici a guardare la "Tv dei ragazzi" ( e qui si potrebbe aprire una parentesi sulla definizione al maschile simbolo di una società allora molto maschilista).

Quindi le avventure di Rin tin tin ( io tifavo per gli indiani), lo Zecchino d'oro, Chissà ci lo sa con Febo Conti, poi sceneggiati come I Ragazzi di padre Tobia, 
Giovanna la nonna del Corsaro nero, cartoni animati come Magilla gorilla o l'Orso Yoghi, Le avventure di Robinson Crosue.

Poi ci fu la moda delle figurine Panini con gli albun su cui raccoglierle. Il sabato andavamo dal giornalaio/tabacchi del paese a comprarle dopo aver messo da parte i soldini, pochi, che rimediavamo da nonni e genitori.

Anche con quelle si inventavano giochi. si lanciavano contro un muro e vinceva chi arrivava più vicino e si prendeva tutte quelle degli altri.

Oppure si lanciavano  sempre contro un muro e vinceva chi riusciva ad andare sopra quella dell'avversario. Inoltre c'era un florido scambio con i doppioni che ognuno aveva. Due Chiarugi per un Rivera, due Cudicini per un Mazzola, dieci a scelta per un Giggi Riva.

Mi ricordo che, per completare l'album, a me mancava sempre quella di Piazzaballa, mitico portiere dell'Atalanta. Pur di finire l'album per un Pizzaballa una volta ho regalato una ventina di figurine a scelta e un Toblerone...

Ah, Pizzaballa quanto mi sei costato...