lunedì 6 aprile 2020

Dischi caldi


La maestra delle elementari si chiamava Mariella. Piccola di statura e un pò cicciotella ma bravissima con i suoi alunni. Il marito lavorava in Svizzera come cameriere e veniva raramente a casa.

Era sulla cinquantina, sposata e un figlio di nome Giovanni che nel 1972 Giovanni aveva 30 anni e lavorava come garzone in un officina della piana. Aveva due passioni, la moto e Elvis Presley. 

Possedeva un vecchio Guzzi Falcone con cui andava al lavoro. Nessun altro interesse nemmeno per le ragazze. Solo la passione per il suo idolo, totalizzante.

In paese lo chiamavano tutti Elvis e lui voleva essere chiamato così. Sempre vestito con camicia e pantaloni di jeans, un giubbetto di pelle nera con le frange sulle maniche e sulle spalle, stivaletti a punta di finto pitone, e i capelli impomatati con un ciuffo che sembrava più un nido di merlo che quello di Elvis.

Non aveva tutte le rotelle al posto giusto ma era un pezzo di pane. Quando arrivava sulla piazza del paese preceduto da rumore caratteristico della moto la metteva sul cavalletto, scendeva con un agile balzo e si metteva in posa come il vero Elvis, poi roteando il braccio iniziava il suo spettacolino.

Era stonato ma questo non gli impediva di esibirsi in un Jailhouse Rock fingendo di avere il microfono, ancheggiando e muovendo le gambe come un indemoniato. Poi alla fine si lanciava in ginocchio a braccia aperte.

I pochi avventori fuori dal bar lo applaudivano calorosamente ma non perchè avessero apprezzato l'esibizione ma perchè senza applauso Giovanni/Elvis si sarebbe riesibito e non era quello che volevano.

Soddisfatto dell'applauso Elvis rimetteva in moto e andava verso casa.

La Mariella aveva provato a farlo studiare ma Giovanni non era molto portato e preferiva lavorare e quindi si era rassegnata. Quando arrivava a casa il nostro Elvis andava in camera sua, tappezzata da poster di Elvis ( quello vero) una bandiera a stelle e strisce e accanto al letto un grande giradischi con le casse e una collezione di LP e 45 giri tutti di Elvis.

Accendeva il giradischi e mentre la musica partiva lui provava i suoi balletti davanti allo specchio dell'armadio cantando a squarciagola. 

La sua casa era attaccata a quella di Pacifico un vecchietto vedovo di 80 anni un pò sordo ma che, visto che Elvis il volume lo teneva quasi al massimo, non sopportava più quel rumore fastidioso. La sua cameretta e la camera da letto di Pacifico erano divise da un muro.

Pacifico prendeva il bastone e iniziava a picchiare nel muro tendando, inutilmente, di attirare l'attenzione e di far smettere l'emulo di Elvis ma non ottenendo alcun risultato.

Allora scendeva in ciabatte e bussava alla porta con il bastone, la Mariella apriva e sospirando chiedeva scusa a Pacifico poi saliva nella cameretta di Elvis e gli staccava la spina del giradischi.

"Giovanni! Non puoi tenere il volume così alto!"
"Mamma io mi chiamo Elvis!! Chi è Giovanni?"
Mariella lo guardava gli prendeva la mano poi con una voce dolce e rassicurante gli diceva:
"Ti prego figlio mio, ascolta la musica ma a un volume basso, me lo prometti?"
"Va bene mamma... te lo prometto" rispondeva Giov... cioè Elvis.

Ma nonostante le raccomandazioni della madre Elvis dopo qualche giorno ripartiva a tutto volume.

Pacifico, stanco di scendere e salire le scale per fare abbassare il volume decise che era l'ora di trovare una soluzione definitiva.

Mariella la mattina andava a scuola presto e tornava nel pomeriggio così come Elvis che partiva per il lavoro e sarebbe tornato la sera.

Pacifico aspettò che mamma e figlio fossero usciti di casa poi scese in strada. La Mariella non si portava dietro la chiave di casa ma la metteva, come tanti in paese, o in un vaso da fiori o sopra lo stipite della porta.

Pacifico trovò la chiave, si guardò in giro poi aprì la porta. Salì le scale, andò nella cameretta di Elvis e a bastonate spaccò il giradischi, poi mise tutti i dischi in un sacco di juta che si era portato dietro, scese le scale , rimise la chiave al suo posto e tornò a casa.

Iniziò a buttare i dischi nel camino perché così non avrebbe più sentito quella musica infernale. Il vinile con cui erano fatti i dischi bruciava allegramente mentre un fumo nero usciva dal camino.

I dischi lentamente si scioglievano come neve tra le fiamme, che scoppiettando cancellavano Blue Suede Shoes e Suspicious Minds dalla storia della musica.

Ma la rabbia di Pacifico era tale che buttò tutti i dischi nel camino in una sola volta. Dopo qualche secondo le fiamme si alzarono in un baleno, con un soffio roco. 

Dal camino in fiamme uscivano lingue di fuoco, Pacifico fu investito da una vampata che gli diede fuoco ai vestiti e gli bruciò i baffi e le sopracciglia.

Ce la fece a levarsi la giacca in fiamme e zoppicando usci urlando di casa: "Al fuoco! al fuoco!". Le fiamme erano ormai padrone della povera casa, i vetri saltavano, e un fumo nero e denso si spargeva nella strada.

Attirati dalle urla di Pacifico arrivarono alcuni paesani, poi altri portarono la piccola autobotte messa su un carretto con una pompa a mano che era usata proprio come mezzo antincendio. Iniziarono a provare a spegnere l'incendio prima che avanzasse su altre case compresa quella di Mirella.

Dopo qualche ora l'incendiò fu spento. Aveva distrutto il camino, il salotto, parte della cucina a pianterreno e dipinto di nero tutte le stanze della casa. Un odore acre di plastica bruciata riempiva l'aria.

Pacifico, che puzzava come un'aringa affumicata,  lo avevano fatto sedere su una sedia poco lontano, qualcuno gli aveva portato un cordiale.

"La mia casa... la mia casa...." Ripeteva scuotendo la testa con una vocina tremante.

Intanto anche Mirella era stata avvisata dell'incendio, aveva lasciato gli alunni con la bidella ed era arrivata di corsa.

"O signore... che è successo!" gridava. Gli spiegarono che doveva essere preso fuoco la canna fumaria del camino di Pacifico e che per fortuna l'incendio non si era propagato anche alla sua casa.

Nel frattempo dalla cittadina erano arrivati i Carabinieri e il camion dei pompieri che si assicurarono che non ci fossero dei focolai. 

Mirella consolava il povero Pacifico dicendogli: "Non vi preoccupate, potete venire a dormire da noi, non fatevi problemi"

Quando un pompiere uscì dalla casa reggendo in mano dei pezzi di dischi mezzo bruciacchiati Pacifico iniziò a piangere a dirotto e confessò il misfatto.

Mirella non riusciva a parlare e si sedette sul soglio di casa con le mani sul volto. I Carabinieri dissero a Mirella che poteva denunciare Pacifico per danni e furto. Ma lei rifiutò di farlo. D'altronde quel pover'uomo aveva 80 anni e mezzo affumicato com'era gli faceva una pena infinita.

Pacifico vennero a prenderlo, il pomeriggio, dei suoi parenti che abitavano nella piana. Non tornò più in paese.

Quando Elvis tornò a casa, la sera, ignaro di quello che era successo ebbe una crisi epilettica e lo ricoverano per un paio di mesi.

Quando si riprese vendette il Guzzi-Falcone e con i soldi si ricomprò tutti i dischi che aveva perso nell'incendio e un nuovo giradischi.

E, naturalmente, continuò a cantare, stonando, con il giradischi a tutto volume...

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Dischi caldi era una trasmissione radiofonica della RAI della metà degli anni settanta, andava in onda la domenica a mezzogiorno e passava in rassegna alcuni dei singoli a quarantacinque giri più venduti d'Italia .