venerdì 14 agosto 2020

Un corallo color sangue

Mi chiamo Marisa, ho 16 anni. Sono nata e vivo a Sant'Anna di Stazzema. Oggi è il 21 Giugno del 1944 ed è iniziata l'estate. 

Da qualche mese qui in paese sono arrivati gli sfollati. Tanti dalla piana della Versilia ma anche gente forestiera.

Ci sono delle famiglie di città che non conosco. Dicono che vengono da Pavia, Livorno, La Spezia, Piombino, Foligno, Napoli ... 

A volte parlano strano e non li capisco. Dicono che sono scappati perchè dove abitavano loro c'è la guerra e non si sentivano al sicuro.

Qui a Sant'Anna siamo pochi abitanti e le case sono nel bosco a gruppi di due o tre. Per arrivare qui c'è una mulattiera o dei sentieri nei boschi ma solo per chi li conosce. 

Il punto dove ci si trovava, per giocare e chiaccherare, prima che arrivasse la guerra, è dov'è la chiesa con la piccola piazza davanti, la sagrestia, l'aula della scuola, e qualche casa attorno. 

Ora che è estate la sera tante volte ci ritroviamo lì, anche i forestieri. Si sentono dei colpi lontani, verso il mare ma qui non c'è quello che raccontano gli sfollati. 

Non ci sono i bombardamenti, e i soldati tedeschi li abbiamo visti solo un paio di volte a cercare gli uomini per prtarli via. Dice che ci sono i partigiani ma io non li ho mai visti.

Mio padre lavorava, prima della guerra nelle miniere qui intorno. Ora è a casa e scappa nel bosco ogni volta che sentiamo che i tedeschi fanno dei rastrellamenti.

Mia madre fa l'orto e sta a casa con il mio fratellino più piccolo. Io guardo le quattro pecore che abbiamo e che almeno ci danno un pò di latte e la ricotta.

Mi chiamo Aldo, ho 17 anni e sono nato a Castellammare di Stabia ero apprendista nei cantieri navali. Mio fratello era un militare che lavorava all'Arsenale a La Spezia e abitavo con lui ma siamo sfollati quassù insieme a sua moglie e suo figlio di 4 anni.

Siamo ospiti in una casa in un posto che chiamano ai Coletti, vicino a Sant'Anna. Mio fratello conosce il padrone di casa, Duilio, perchè avevano fatto la visita militare insieme e si erano tenuti in contatto. 

Qui siamo in tanti sfollati e gli abitanti del paese ci hanno accolti come fratelli. Non c'è molto da mangiare ma quello che c'è viene diviso tra tutti.

Oggi ho portato le pecore verso i Coletti dove c'è più ombra e un pò di erba. Ho visto che nella casa di Duilio ci sono altri sfollati, fuori sotto la pergola c'era una donna con un bimbetto sulle gambe e un ragazzo con i capelli neri.

Mi ha salutato con la mano, gli ho fatto un cenno anch'io poi sono salita con le pecore verso il Col di Cava. Mi sono seduta all'ombra mentre le pecore pascolavano.

A un certo punto mi sono sentita una mano sulla spalla, mi sono alzata di scatto, e girandomi ho tirato un colpo con il bastone.

L'ho colpito nella testa e stavo per dargli un altro colpo mentre lui, che iniziava a sanguinare, ha messo le mani avanti gridando: "Ferma, ferma!! Non sono un tedesco!"

Era il ragazzo che avevo visto alla casa di Duilio. Tremavo per la paura e per la rabbia. Mi aveva spaventato a morte. 

"Mi chiamo Aldo, volevo solo conoscerti" dice mentre tira fuori un fazzoletto dalla tasca e si tampona il piccolo graffio in fronte.

"E ti sembra il modo di conoscermi? Mi hai fatto paura! - quasi urlavo - Pensavo fossero i tedeschi! Che c'hai nella testa???"
. "Per ora in testa ho un bernoccolo e un pò di sangue"  dice Aldo mentre si siede appoggiandosi a un castagno.

Lo guardo e mi metto a ridere... E' buffo e parla strano. "Fammi vedere" mi avvicino a lui, gli sposto la mano con il fazzoletto "Un'è nulla, è un graffietto".

Mi guarda e ride anche lui. "Vieni - gli dico - qui dietro c'è una piccola fonte, così bagni il fazzoletto"

Gli tendo la mano, lui l'afferra, si alza... "Grazie, e tu come ti chiami?" mi chiede. "Marisa, mi chiamo Marisa".

Si lava, bagna il fazzoletto. "Aspetta - gli dico - mettici questa" e gli dò una foglia di erba della Madonna "Questa tienicela sopra il taglio, vedrai che ti guarisce subito".

Lui mi guarda e ride. Ha i capelli neri con un ciuffo davanti, gli occhi neri e un bel sorriso.

"Sei una strega?" mi dice sempre ridendo ... "No, ma se mi rifai uno scherzo così posso diventare una strega, guarda che il bastone ce l'ho già!" 

Ridiamo tutti e due.

--

Sono qui nell'aia con mia zia che sta facendo giocare il bambino. Ho visto passare una ragazza con delle pecore. Ha un vestitino verde scuro, i capelli castani.

L'ho salutata, mi ha risposto con un cenno poi ha continuato a camminare incitando le pecore con un bastone.

Qui sono tutti grandi o piccoli come mio nipote. Ci sono pochi ragazzi o ragazze della mia età e lei è la prima che vedo.

L'ho seguita da lontano, è andata su, sul colle. Poi mentre le pecore pascolavano si è seduta all'ombra dei castagni.

Mi sono avvicinato piano, sembrava dormisse e gli ho messo una mano sulla spalla.

E mi ha colpito con il bastone!
--

"Piacere di conoscerti Marisa. Sei di Sant'Anna?"... "Si sono nata qui e tu?"... "Io sono di Castellammare di Stabia, un paese vicino a Napoli, sul mare"... "

Ci siamo seduti all'ombra, da qui, dal Col di Cava si vede il mare. "Anch'io ho il mare" dico ad Aldo indicando la piana.

Aldo ride di nuovo "Si ma è lontano, io ce l'ho proprio davanti a casa! E scommetto che non sai nuotare!"

"No, non ci sono mai andata al mare. Mi fa paura. E poi qui non usa andarci"

Aldo ride... "Non puoi aver paura del mare! Paura della guerra e delle bombe ma non del mare!"

Rimanemmo in silenzio. "Io lo sò - disse Marisa - che la guerra fa paura, ma qui siamo al sicuro. Perchè anche te sei venuto qui"

Aldo rimase in silenzio, il sorriso spento. La guardava e pensava alla sua casa a Castellammare, ai suoi parenti, a come sarebbe stato dopo che la guerra fosse finita...  

La guerra era laggiù, nella piana, si sentivano i colpi dei cannoni e ogni tanto si vedeva salire del fumo nero da Viareggio, o verso Pisa.

Solo qualche volta avevano sentito degli spari quando qualche pattuglia tedesca si scontrava coi partigiani ma erano lassù, sui monti. In paese non era mai successo nulla. 

Iniziammo a vederci quasi ogni giorno, lassù sul Col di Cava, io portavo le pecore e lui veniva a farmi compagnia. Parlavamo di come era prima della guerra, dei nostri genitori, della nostra vita.

Gli insegnavo a riconoscere le erbe, quelle che noi si coglieva per fare le zuppe o le torte nel forno a legna. 
Lui mi insegnava le parole del suo dialetto.

Era difficile pronunciarle e quando ci provava lui rideva per il risultato. "Sei cattivo!"gli dicevo mentre gli tiravo dei cazzotti nelle spalle. E allora lui rideva di più si alzava e correva e io, ridendo, dietro a rincorrerlo.

Un giorno eravamo sdraiati sul prato e lui allungò la mano e prese la mia. Non mi aveva mai toccato nessuno. L'istinto fu quello di toglierla ma sentivo che volevo che mi tenesse la mano.

Gli strinsi la mano, girai al testa verso di lui. Lui era già girato e mi guardava. Si mise sù su un gomito, poi si abbassò verso il mio viso. Posò le labbra sulle mie. Chiusi gli occhi mentre le cicale cantavano...

Era il mio primo bacio e forse anche il suo. Non glielo chiesi mai. Ma da quel giorno iniziammo a tenerci per mano mentre si saliva al colle. 

A volte, con Aldo, ci si trovava la sera nella piazza davanti alla chiesa con altri del paese e gli sfollati. Lì stavamo distanti, scambiandoci sguardi, per la paura che i nostri potessero dirci qualcosa.

Ma quando eravamo soli nel bosco ci scambiavamo dei piccoli baci sulle labbra, tenendoci le mani. Lui si sedeva appoggiato a un castagno di schiena e io mettevo la mia testa sulla sua pancia.

Mi carezzava il viso, i capelli. Poi si chinava e mi baciava. Una volta mi aveva portato un ciondolo rosso legato a uno spago.

Sembrava un piccolo pezzo di ramo. "E' un pezzetto di un piccolo corallo, c'è il mio mare dentro, voglio che tu lo prenda e te lo porti sempre con te"

Non volevo prenderlo ma lui insisteva e me lo mise al collo. Quando tornavo a casa lo nascondevo perchè non volevo che mia madre mi facesse delle domande e magari impedirmi di vedere Aldo.

Il 26 luglio si festeggia Sant'Anna protettrice delle madri e delle partorienti e nonostante la guerra anche nel 1944 nella piccola chiesa si fece la messa, suonarono anche l'organo dopo tanto tempo.

La sera sulla piazza ci ritrovammo quasi tutti, sfollati e paesani. Qualcuno aveva portato un pò di polenta, altri qualche fiasco di vino, qualche frutta e c'era anche un signore sfolalto che suonava il violino.

Per un paio d'ore quella sera tutti avevano dimenticato la guerra. Anch'io e Aldo che, per la prima volta ci tenevamo per mano e ballammo insieme ad altri.

Mia madre tornando a casa mi chiese chi era quel ragazzo, gli spiegai chi era, chi erano e dove erano sfollati. Mi disse solo "Marisa, stai attenta, sei grande ormai..." e mi carezzò sulla guancia.

Il 10 agosto andammo sul Col di Cava con Aldo. Era San Lorenzo, la notte delle stelle. Le cicale avevano lasciato il posto ai grilli. Ci sdraiammo e il cielo era uno spettacolo di stelle.

Mio nonno mi aveva insegnato a riconoscerne alcune e io le insegnavo a Aldo. Laggiù, nella piana, c'era silenzio. Forse anche quelli che si facevano al guerra quella notte avevano deciso di guardare le stelle e esprimere i desideri.

"Eccone una, guarda!"- disse Aldo -"Esprimi il desiderio, dai!!"

Come facevo a esprimerne uno solo? Volevo che la guerra finisse, che Aldo mi portasse a vedere il mare e che, un giorno, mi chiedesse di sposarlo.

Poi avere dei bambini a cui avrei insegnato a riconoscere le erbe, le stelle. 

"Esprimilo anche tu!" dissi a Aldo. "Lo avevo già pensato! Ma non te lo posso dire!" e si chinò su di me baciandomi. 

"Sai che con le iniziali dei nostri nomi viene la parola Alma?" - mi dice Aldo - "E sai che Alma in spagnolo vuol dire anima?" Lo guardo sorridendo... "Baciami ancora..."

Riamemmo lì abbracciati a guardare ancora le stelle cadenti.

Poi venne il 12 agosto. Ci tirarono fuori dalle case, a calci e colpi di calcio di fucile. Ci fecero mettere al muro e intanto da Coletti avevano portato su anche tutti quelli che c'erano, compresa la famiglia di Aldo.

Li misero al muro con noi. Aldo mi venne vicino mi prese la mano "Non aver paura, ci sono io"... io tremavo e gliela stringevo forte.

"Raus!..!Raus!"... "Schnell!!" I tedeschi ci facevano andare verso la stalla, a calci e urla.

Eravamo più di quaranta, donne, vecchi, bambini anche piccoli... "Ci ammazzano tutti" urlava una donna.. qualcuno pregava... io ero stretta a Aldo.

Nella stalla stipati come bestie, nel caldo e in un odore fortissimo di ammoniaca. A un certo punto entra un tedesco e ci conta.

Poi esce e chiude la porta. Il buio della stalla mentre la gente urla e piange... Dalla finestrella dove si dava da mangiare al maiale spunta una canna di una mitragliatrice. E inizia a sparare. 

Io e Aldo siamo in fondo, quelli davanti colpiti per primi  cadono sopra di noi. Sangue e cervello... schizzano da tutte le parti.

Cadiamo anche noi.... Sento caldo a un fianco, la mano di Aldo è sempre nella mia... 

La mano di Aldo stringe la mia, fortissimo, poi si allenta... E' morto penso mentre si riapre la porta e vedo la lingua di fuoco. Tre, quattro volte... Sento lamenti e grida altissime... 

Non ce la faccio a chiamare Aldo... sento che sto morendo... Chiudo gli occhi... Poi la fiamma arriva...
Tutto è finito...

Oggi siamo qui, sul Col di Cava, da dove si vede il mare e non si sentono più i colpi dei cannoni ma la musica dei locali della Versilia.

Siamo qui, io e Aldo, insieme a tanti altri che quel 12 agosto 1944 sono stati spazzati via dalla furia nazifascista.

Io e Aldo ci teniamo per mano. E un giorno scenderemo giù, fino al mare... a lavarci di dosso quel sangue rosso come il corallo che mi aveva regalato...

-----

"Qui vivono per sempre gli occhi che furono chiusi alla luce perché tutti li avessero aperti per sempre alla luce."
Giuseppe Ungaretti