Cesira Pardini aveva 18 anni e sua sorella Anna era nata da venti giorni quando i tedeschi arrivarono a Sant'Anna quel 12 agosto 1944.
Cesira Pardini abita a Coletti di Sotto, ovvero due case contigue: in casa Pardini, tra residenti e sfollati, risiedono circa trenta persone.
Nell’altra, la famiglia Gamba e sfollati. Cesira ha quasi diciotto anni ed è rimasta a casa con la madre Bruna Farnocchi, la sorellina Anna di venti giorni e altre sorelle, Adele di 4 anni, Lilia di 10, Maria di 16: devono aiutare la mamma che ha partorito da poco.
Due sorelle (Licia e Siria di 9) e i due fratelli (Vinicio e Vittorio) quella mattina sono già nell’uliveto di Cacciadiavoli, verso Valdicastello. Anche a Coletti, molto presto, arriva l’allarme tramite Italo Farnocchi, fratello di Bruna.
I tedeschi sono a Sant’Anna. Memori di quanto successo in precedenza con il rastrellamento degli uomini e qualche casa incendiata, gli abitanti di Coletti si attivano subito.
Cesira corre dietro al padre Federico, che si è da poco avviato all’uliveto, per avvertirlo; gli porta un cesto di roba, poi torna a casa. Le sorelle hanno già cominciato a mettere fuori la roba, lei le aiuta: buttano quanto possono nella vigna, bagnano i pavimenti e i mobili, per evitare che si incendino, raccolgono in fagotti le cose indispensabili.
Verso le sette Cesira vede per prima i tedeschi, una prima squadra di cinque/sette soldati che prendono il cugino diciottenne Carlo Gamba, un uomo sfollato da Capezzano, un cavallo, e si dirigono verso le miniere dell’Arsiccio, dove hanno individuato una radio partigiana.
Alcuni abitanti di Coletti si rifugiano in una vicina grotta. Continua lo sgombero, poi verso le nove arriva una seconda squadra di soldati con alcuni portamunizioni, tra i quali Cesira riconosce Mario Romiti, in mutande e maglietta, scalzo, con una casa in spalla.
Dopo poco, altri tedeschi che chiedono la strada per Valdicastello e poi altri quattro che portano in un telo un comandante ferito alla spalla, anche loro diretti a Valdicastello.
Fino a questo momento la situazione a Coletti è concitata ma incruenta, nessuno ha avuto segnale di ciò che sta succedendo più in alto. Cesira non è il tipo che sta ferma o si tira indietro: Verso le dieci va ad aiutare una vicina, cercando di mettere al sicuro un bove su per un sentiero.
La ragazza torna quasi subito: “Mamma, la casa della nonna brucia, a Fabiani brucia, a Bambini spengono le case…” Tuttavia Cesira comincia ad avere paura: prende in braccio la sorellina Anna e va verso la grotta con le sorelle e confida al vecchio Corrado Dazzi di Pietrasanta “Oh Dazzi, stamane ho paura”, poi sente la madre richiamarla verso casa.
Fa molto caldo, Bruna ha paura che la neonata prenda un’insolazione. La situazione precipita. Dalla vigna dove era andata a nascondere qualcosa, arriva la sorella Maria, trascinata per un braccio da un soldato tedesco.
Arrivano altri militari, tre sono a volto coperto, almeno uno parla versiliese, rastrellano tutti gli abitanti e radunano prima su un piccolo prato, poi nell’aia di casa Gamba, davanti alla porta di Nicola Gamba, ma prima fanno posare i fagotti con la roba da mettere in salvo.
Lilia ha stretta una valigia con il corredino di Anna, che la madre le ha raccomandato di non lasciare a nessun costo, Cesira una borsa con un fiasco d’olio.
Entrambe vengono colpite a calci, l’olio si versa ma la valigia resta stetta fra le mani di Lilia. Cesira vede da vicino il suo picchiatore che ha il volto nascosto e non parla mai e si rende conto che un italiano.
Bruna mostrando la neonata in braccio, si rivolge a un altro che le dice in italiano con accento versiliese “vai al muro con gli altri”. Davanti alle persone c’è una mitragliatrice pronta.
Le loro case stanno già bruciando, e anche la roba messa fuori e “ciò che non poteva bruciare la spaccavano”. Cesira è con le spalle alla porta. Accanto ha Maria e la mamma con Anna in braccio, davanti le sorelline piccole.
Dice alla madre “datemi la bimba” ma Bruna risponde: “Salvatevi voi se potete, che se muoio io muore anche la bambina . Nel gruppo c’è Maria Bonuccelli che ha in braccio il figlio Claudio, malato di leucemia.
Chiede pietà per la creatura, ma il picchiatore di Cesira spara a lei e al bimbo e subito dopo a Bruna, che ha tirato un urlo. E’ il segnale di fuoco a volontà, con mitragliatrice e moschetti.
Cesira, colpita al braccio e a una gamba, sotto il peso del corpo della madre, cade all’indietro: la porta del fondo (la stalla) si apre e lei si ritrova dentro. Acchiappa le tre sorelle Adele, Lilia, Maria e le trascina al riparo.
La porta lentamente si richiude, le ragazze stanno immobili, Lilia tappa la bocca alla piccola Adele che chiama la mamma. Sono tutte ferite, Maria è la più grave.
Fuori continuano a mitragliare, poi tutto finisce e i nazifascisti iniziano ad allontanarsi. Cesira vede che le case (sua e dello zio) stanno bruciando quindi dice alle sorelle:
“Morti per morti è meglio morire fuori, perché qui si brucia, brucia la casa si brucia anche noi, almeno siamo fuori, tanto i tedeschi sono giù alla teleferica.”
Escono e Cesira sente un lamento: la piccola Anna è ancora viva sul petto della madre, da cui sgorga sangue e latte. La prende col braccio buono: la bimba è ferita grave. L'affida a dei paesani che stanno scappando verso Valdicastello. Dopo che la porteranno all'ospedale i medici, tra le fasce, le troveranno sette pallottole inesplose, gli arti a pezzi.
Anna Pardini, 20 giorni di vita, muore dopo una breve agonia.
Le sorelle Pardini, scappano verso il basso, ma i nazifascisti, ancora vicini, sparano loro addosso una seconda volta, per fortuna senza colpirle. Raggiungono una fontanella e da lì vedono altri sei o sette tedeschi che le guardano con incredulità: sembrano stupiti di vederle scalze, ferite e insanguinate.
Non fanno niente e si allontanano. Dopo poco, Cesira sente urlare Clelia Gamba, che ha perso tutta la famiglia. La chiama per avere aiuto e la donna, pur nell’orrore che sta vivendo, si prende cura della piccola Anna mentre Cesira risale nel luogo della strage per vedere se qualcun’altro è sopravvissuto.
Trova un uomo sventrato che muore poco dopo e un bimbo di quasi un anno, vivo sotto quattro o cinque cadaveri. Lo tira fuori per quello che può, gli pulisce il viso per permettergli di respirare, poi cerca di spegnere l’incendio nelle abitazioni. torna dalle sorelle.
Maria le chiede di cercare il padre, quindi Cesira si avvia verso Cacciadiavoli. Nel mentre incontra una zia, Beppa, nascosta in una grotta, e l’avvisa di quanto successo affinché vada a prestare soccorso ai feriti che ha lasciato vicino casa.
Scende ancora, deve passare accanto alla fornace dove la sua famiglia fa la calcina. La fornace è in fiamme. Cesira riesce a passare ma una vampa le brucia parte dei capelli.
Comincia a vedere gente, molti sono sconosciuti, altri sono paesani che stanno salendo al paese e chiedono notizie. All’uliveto, dove ci sono due casette agricole abitate da sfollati, incontra persone che conosce, viene soccorsa.
Arriva il padre, Cesira torna indietro con lui. E’ sotto shock, non vuole parlare davanti a tutte quelle persone, solo quando sono vicino a casa dice al padre quello che è successo.
Federico Pardini torna subito indietro per mettere in salvo gli altri figli rimasti all’uliveto, Cesira sente il nonno Abramo Farnocchi, ferito alla testa, chiamare dal Col di Cava e gli urla di scendere ad aiutare lei e le sorelle ferite.
Arriva lo zio Lino e altra gente del paese. Finalmente, Cesira non è più sola, ha qualcuno che prende in mano, per quanto possibile, la situazione. Sono circa le due del pomeriggio. Sopraggiungono il padre e poi i fratelli e le sorelle Siria e Lidia.
A questo punto i ricordi si confondono e ricominciano dalla sera del dodici: Cesira e i famigliari superstiti sono nell’uliveto a Valdicastello dove un giovane partigiano studente di medicina presta loro soccorso.
La mattina dopo la ragazza torna a Coletti:
“... mio zio ha tagliato i panni che avevo addosso con il forbice perché era intriso.. il cervello della mia mamma, tutto il sangue.. tra il mio, quello della mia sorellina e.. ha preso le forbici e mi ha tagliato i vestiti da addosso e poi è andato su il filo che c’era un vestito nero e mi ha messo quello e poi siamo andati a Val di Castello all’ospedale e mi sono medicata”.
Cesira Pardini nel 2012 è stata insignita della Medaglia d'oro al merito civile per gli atti di eroismo compiuti quel giorno.