mercoledì 12 agosto 2020

L'epilogo: L'armadio della vergogna



Voi conoscerete la verità, e la verità vi renderà folli.
(Aldous Huxley)

Si deve al giornalista Franco Giustolisi se è emersa la verità sui responsabili delle aberranti stragi nazifasciste, avvenute in Italia dal 1943 al 1945.
Nel palazzo Cesi di Roma, in via degli Acquasparta, sede della magistratura militare viene alla luce un armadio in legno marrone, sigillato, con le ante rivolte verso il muro, chiuso a chiave, protetto da un cancello in ferro e da un lucchetto. 

E' girato contro un muro per "nasconderlo", all'interno di un disegno internzionale volto a impedire che tanti criminali nazisti e fascisti finissero in tribunale. 


È lì tranquillo e indisturbato. Nessuno lo cerca, nessuno lo vuole trovare.


Ma nel 1994 il procuratore militare Antonino Intelisano (che si stava occupando del processo contro l'ex SS Erich Priebke) lo trova in uno sgabuzzino della cancelleria della procura.


Vengono alla luce 695 fascicoli raccolti in faldoni, stipati uno sull’altro. C’è un registro composto da 2.274 notizie di reato, il cosiddetto «Ruolo generale dei procedimenti contro criminali di guerra tedeschi».


Tutto è archiviato, o meglio occultato, in modo rigoroso, preciso, ordinato.
Si viene a sapere che in realtà i fascicoli complessivi sono 2.205: 260 inviati ai tribunali ordinari nell’immediato dopoguerra, 1.250 distribuiti alle Procure militari territorialmente competenti, 695 fatti sparire per un terzo di secolo.

C'è anche  un promemoria prodotto dal comando dei servizi segreti britannici, dal titolo Atrocities in Italy (Atrocità in Italia), con stampigliato il timbro secret.


Frutto della raccolta delle testimonianze e dei risultati dei primi accertamenti effettuati dagli inglesi sui casi di violenze da parte dei nazifascisti, che al termine della guerra era stato consegnato ai giudici italiani.


Ci sono scritti i nomi di tutti gli assassini, nazisti e fascisti, quelli che colpirono tra gli altri alle Fosse Ardeatine, Monte Sole- Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema.


E poi Bardine di San Terenzo, Valla, Vinca, Fosse del Frigido, Casteldebole e in centinaia e centinaia di borghi e città italiani.
Giustolisi contribuì alla diffusione del contenuto dei documenti segreti scoperti nel 1994, in quello che lui definì, a ragione,  "L’armadio della vergogna".

Dopo il ritrovamento dei fascicoli, Franco Giustolisi e Alessandro De Feo denunciarono l'insabbiamento dei fascicoli processuali con una serie di inchieste.


La prima pubblicata il 22 agosto 1996 dal titolo Una, cento, mille Ardeatine, la seconda il 27 maggio 1999 Cinquant'anni di insabbiamenti. 


Giustolisi continuò ad indagare e pubblicò il 9 novembre 2000 l'articolo L'Armadio della vergogna, espressione con cui viene definita la vicenda dell'occultamento. 


L’ordine di occultamento partì all’epilogo dei governi di unità nazionale nati dalla lotta partigiana. Chi lo diede?


Troppo semplice attribuire tutte le responsabilità ai tre procuratori generali militari del 1945-1974 - Borsari, Mirabella, Santacroce - come ha fatto l’inchiesta del Consiglio della magistratura militare.


L´ordine fu politico.


Dalla ricostruzione di Giustolisi emergono i nomi dei ministri Martino e Taviani (che pure fu partigiano), e a margine quello di Andreotti.


Ma ce ne furono altri, prima e dopo. Il silenzio fu deciso forse perché era cominciata la guerra fredda, "vecchi alleati diventano nuovi nemici, vecchi nemici diventano nuovi alleati". 


O forse per proteggere, in un patto di scambio non dichiarato, i criminali di guerra italiani fuggiaschi. Meglio l’oblio. 


In Sudafrica un uomo di nome Mandela si comportò ben diversamente. Concesse l’amnistia a patto che i rei delle stragi raccontassero in pubblico le loro colpe. 

Marco De Paolis, ex Procuratore a La Spezia e oggi Procuratore Generale Militare presso la Corte Militare d'Appello di Roma ha istruito i processi sulle stragi di civili in Toscana ed Emilia e ha fatto condannare l'unico ufficiale ritenuto responsabile per l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema: 

“I giudici tedeschi non danno esecuzione alle sentenze di condanna dei tribunali militari italiani nei confronti degli ex soldati nazisti. E si rifiutano anche di mandarli a processo in Germania”. 

De Paolis accusa i colleghi tedeschi di inerzia. De Paolis aveva portato a processo decine di ex militari, ottenendo 57 condanne all’ergastolo.

Dieci della quali per la strage di Sant’Anna di Stazzema (nell’alta Versilia), il 12 agosto 1944, che costò la vita a centinaia di civili. "I giudici di Amburgo hanno tergiversato e preso tempo". 

E a quella strage parteciparono anche i fascisti: "Furono fondamentali dal punto di vista logistico"

Delle 57 condanne all’ergastolo decise dal tribunale militare della Spezia nessuna è mai stata eseguita in Germania dove quasi mai sono stati celebrati processi a carico degli ex militari nazisti condannati in Italia per una serie di stragi di civili, avvenute in Toscana e Emilia Romagna nel 1944. 

Sant’Anna e Marzabotto sono soltanto le più gravi in termini di numeri di vittime. I giudici tedeschi non hanno mai dichiarato di non voler istruire e celebrare i processi. Semplicemente non li hanno mai fatti. 

"È importante che la realtà storica dei fatti sia garantita dal sigillo della giustizia, da quello scudo solido e imparziale che la possa difendere dai tentativi di negare e deformare la realtà" dice De Paolis. 

"Ed è per questo che l’occultamento dei fascicoli giudiziari avvenuto nel 1960, come pure la colpevole inerzia giudiziaria che si è, di fatto, verificata negli anni successivi, ha costituito probabilmente una delle più grandi ingiustizie avvenute in Italia dal dopoguerra a oggi».

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Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai delinquenti, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare.
(Albert Einstein)