Ogni anno, la prima domenica di giugno, era tradizione che in paese si svolgesse una gara di tiro alla fune. Il premio era una vecchia secchia di rame su cui veniva inciso il nome della squadra vincitrice e l'anno della vittoria che rimaneva in bella mostra su una mensola nel Circolo Operaio.
Ma la vittoria a cui tutte le squadre aspiravano era quella di poter sbegffeggiare e prendere in giro, nei bar del paese o al lavoro, gli altri concorrenti fino al prossimo anno.
Quell'anno, nell'estate del 1965, c'erano sei squadre partecipanti. I nomi erano indicativi del carattere di ogni squadra.
C'era la squadra dei Calabroni, dei Cinghiali, dei Tori, quella dei Lupi, dei Falchetti e delle Querce.
Erano squadre composte da otto persone tra uomini e giovanotti abituati alla fatica quotidiana, nelle cave, nei campi o nel bosco.
Le due più forti erano quella dei Calabroni e dei Cinghiali. Negli ultimi anni si erano succedute quasi sempre loro sul podio dei vincitori. Ma negli ultimi tre aveva sempre vinto quella dei Calabroni.
I perdenti dicevano che la vittoria dei Calabroni era dovuta a Sandrone, un ragazzone di 24 anni alto sul metro e novanta e di 130 chili di peso, con due mani come badili e in squadra da tre anni.
Sandrone lavorava alla cave ed era figlio e nipote di cavatori. Aveva una forza notevole ma aveva un carattere mite e taciturno. Non aveva mai litigato con qualcuno un pò per carattere un pò perchè nessuno avrebbe voluto litigarci vista la mole.
Gli altri sette della squadra erano robusti ma Sandrone era come un'ancora. Lo mettevano come primo e in pratica era lui che bastava a tirare dalla sua parte la squadra avversaria.
Ogni squadra vestiva in pantaloncini corti e magliette a maniche corte e aveva i propri colori, i Calabroni il giallo e il nero, i Cinghiali il marrone, i Lupi il grigio, i Tori il nero, le Querce il verde e i Falchetti l'azzurro.
Sandrone, unico tra i partecipanti portava una cannottiera di lana fatta ai ferri da sua zia perchè la taglia della maglietta non si trovava e le righe orizzontali gialle e nere lo facevano assomigliare a un'Ape Maia un pò cresciutella.
La sera prima della gara, come tutti gli anni, le squadre pranzavano insieme nel salone delle feste del Circolo Operaio. E già a tavola iniziavano le scaramucce e gli sfottò.
"Quest'anno - diceva qualcuno delle Querce - facciamo i cinghiali in umido!"... "Con voaltri - rispondevano dai Cinghiali all'indirizzo delle Querce - ci si fà solo del foco nel camino!".
Quell'anno però i Cinghiali, dopo tre anni di fegato amaro, non volevano perdere e fu Raffaellino, uno di loro, ad avere un'idea per mettere fuori gioco Sandrone. Delle altre squadre non si preoccupavano solo di quella di Sandrone perchè, in effetti, era la più forte.
Qualche sera prima della gara Raffaellino aveva suggerito il modo di vincere la gara. "Se Sandrone non gareggia vinciamo per forza" aveva detto al bar agli altri della squadra. "E come pensi di fà?" - gli avevano chiesto - "Di investillo con la macchina?"
"Ma no! Un lo voglio mia ammazzà! - rispose Raffaellino - Basterebbe che avesse un impedimento e io l'ho trovato!" E l'impedimento trovato da Raffaellino era il Guttalax.
"Qualche goccia nel bicchier la sera della cena - spiegò Raffaellino - e la mattina della gara avrà una sciolta che sarà per tutto il giorno sul cesso!"
Qualcuno non era d'accordo ma la prospettiva di vincere e pigliare per il culo gli avversari vinse sulle remore morali.
La sera della cena Raffaellino aveva la boccetta del Guttalax pronta all'uso. Mentre uno dei Cinghiali distraeva Sandrone prendendolo in giro perchè era astemio e non beveva vino, Raffaellino entrò in azione. Solo che invece di qualche goccia nel bicchiere d'acqua di Sandrone finì quasi l'intero flacone.
Torna al suo posto mentre Sandrone beve tutto di un fiato il bicchiere e Raffaellino sente che ormai hanno vinto.
Il giorno dopo la piazza del paese era affollata per assistere alla gara del tiro alla fune. Le squadre pronte e colorate, i tre arbitri in posizione e il sagrestano su uno sgabello a scrivere le sfide e i vincitori su una lavagna prestata dalla scuola elementare.
Il parroco estrae i bigliettini con gli abbinamenti e inizia la gara. Raffaellino e gli altri dei Cinghiali cercavano la mole di Sandrone sperando che il Guttalax avesse fatto effetto.
Ma rimasero sorpresi e preoccupati che, al contrario, Sandrone era in piazza vestito con la sua cannottiera pantaloncini corti e scarponi che stava ridendo e scherzando con i suoi compagni di squadra.
"Ma quanto ce ne voleva di Guttalax? - disse Raffaellino - Una damigiana??"... "Eppure mi ci si è versata tutta la boccetta e nulla... eccolo lì che un'ha nulla..."
Iniziano le gare tra gli incitamenti dei paesani. Vengono eliminati i Lupi, le Querce, i Falchetti e i Tori.
La finale come negli ultimi tre anni è Calabroni contro Cinghiali.
Le squadre si posizionano l'arbitro tiene in mano la corda dove , nella metà, è appeso un fazzoletto bianco. Danno il via e la corda si tende, si sentono i mugolii degli uomini impegnati al massimo.
Sandrone apparentemente non fa alcuno sforzo... il suo capitano che gli salta intorno come un grillo gli urla di forzare... "Dai Sandrone!!! Daiii tirali in terra!! Forzaaaa!".
Non ha anche finito di urlare che Sandrone lascia la corda. I suoi compagni finiscono in terra così come i Cinghiali dall'altra parte. La piazza, prima rumorosissima per le grida e gli incitamenti, ammutolisce.
Sandrone è in piedi, bianco come un lenzuolo. Nel silenzio si sente come un rumore di fagioli che bollono sul fuoco. Poi Sandrone si porta le mani alla pancia e si piega in due. Nel piegarsi gli si strappano i calzoncini sul culo.
E proprio allora il Guttalax fa l'effetto sperato da Raffaellino. Ma non in quella quantità che nemmeno una mandria di vacche produce in un giorno.
Sandrone urla dal dolore, so contorce e gira su se stesso ricoprendo di merda, e non in senso metaforico, tutto quello che è nel giro di un paio di metri, compreso Raffaellino.
L'odore è immaginabile e dopo i primi attimi di smarrimento, la piazza si svuota, c'è chi si dà alla fuga nei campi, chi si rintana nei bar, chi con addosso il regalo di Sandrone si tuffa nel lavatoio.
Qualcuno soccorre Sandrone, che ora non è un bel vedere, lo coprono con una coperta e lo portano al coperto nel bagno del CRO.
Ma stava malissimo e ce la fecero a caricarlo, avvolto in qualche lenzuolo sul cassone di un Ape e lo portarono nella cittadina all'ospedale e qui tralascio i particolari del viaggio e dell'arrivo al pronto soccorso.
All'ospedale arrivò anche Raffaellino, che si era ripulito alla meglio, ma che emanava un profumo che non era francese.
Disse, piangendo, al dottore quello che aveva fatto la sera e con la paura di aver davvero ammazzato Sandrone. Il dottore lo rassicurò dicendo che se la sarebbe cavata ma che lui, Raffaellino, doveva vergognarsi e scusarsi con Sandrone.
Passata l'emergenza lo fecero entrare nella stanza dove c'era Sandrone. Tra il colore del lenzuolo e la faccia di Sandrone c'era poca differenza.
"Sono Raffaellino... - disse a bassa voce e temendo una reazione - Sandrone, mi senti?"
Sandrone aprì gli occhi e fece sì con la testa. Poi con una mano fece cenno a Raffaellino di avvicinarsi al letto. Raffaellino sollevato dall'atteggiamento di Sandrone si avvicinò... Sandrone gli fece cenno di avvicinarsi ancora con l'orecchio... come se volesse dirgli qualcosa.
Appena chinò la testa Sandrone partì con un manrovescio che lo fece volare di un paio di metri. "Merda!! - urlò Sandrone - Sei una merda!!"
Raffaellino era a terra, e con il poco fiato rimasto disse all'infermiere che era accorso: "O merda... " L'infermiere ebbe l'impulso di finire il lavoro di Sandrone a colpi di padella o di pappagallo ma poi soccorse il disgraziato.
Ricoverarono anche lui. Nel cadere aveva battuto la testa e il torace nella sponda di ferro del letto e si era fratturato due costole oltre a un leggero trauma cranico.
Implorò il dottore di non metterlo nella stessa stanza di Sandrone perchè era sicuro di non uscirne vivo...
"La vita è come una scaletta di un pollaio...corta corta e piena di merda"