lunedì 10 agosto 2020

L'orrore ha un volto - Seconda parte

L'eccidio si svolge nell'arco di circa tre ore. La progressione delle uccisioni parte dalle Mulina con l'uccisione di don Fiore Menguzzo e ha il suo culmine nella piazza della chiesa di Sant'Anna.
In questo arco di tempo, dalle sette alle undici, i borghi di cui è composta Sant'Anna sono annientati. Le persone trucidate, la case date alle fiamme, le razzie delle bestie, il saccheggio dei beni delle vittime.

Alcuni episodi ricostruiscono la barbarie di quel 12 agosto del 1944.

All’Argentiera, uno dei primi a vedere dal suo terreno i tedeschi salire in fila indiana sul sentiero  da Montornato è, poco dopo le sei è Duilio Pieri, che si precipita verso le frazioni e allerta Italo Farnocchi in cammino verso le case dei Franchi, dove abita il fratello del Pieri, Natale

La campana della chiesa suona più o meno alle sei, nonostante il divieto assoluto fatto dai tedeschi a don Innocenzo Lazzeri

Tutto il paese è in allerta e questo consente la fuga alla maggior parte degli uomini abili (fra i 18 e i 45 anni circa) che si rifugiano fra boschi e grotte, nelle miniere, per evitare il rastrellamento. 

Donne, anziani e bambini restano, si cerca di mettere in salvo quanto possibile perché si teme l’incendio delle case come a Farnocchia l'8 agosto. 

Pochi averi, modesti ma inestimabili in tempo guerra: lenzuola, materassi, utensili vari, provviste e bestiame. Nessuno immagina cosa sta per accadere. Si sa che  i tedeschi vogliono uomini validi, a donne vecchi e bambini non fanno niente, è sempre successo così.

Con le tre colonne delle SS ci sono anche formazioni fasciste  con ufficiali con potere di comando: X MAS la Guardia Nazionale Repubblicana (GNR). Si fanno i nomi di Carlo “Carletto” Pocai e Gualtiero Bertolotti di Ruosina.

La fanteria, arrivata per prima sulla foce in quanto non ha materiale pesante come i mortai da trasportare, entra subito nel perimetro del paese e sarà seguita dal resto delle altre colonne che, intanto procedono a stringere il cerchio attorno ai piccoli borghi.

La piazza della Chiesa diventa l'epicentro della manovra di accerchiamento e di distruzione compiuta dale SS. 

Le foci per una possibile fuga erano presidiati da squadre: in una di queste si trova Werner Bruss, con funzione di sentinella, che non entra nella conca di Sant’Anna ma si limita a rimandare indietro una donna incinta con un bambino.



Alla Vaccareccia i nazifascisti sono già arrivati verso le sei. La famiglia Bibolotti  e vari sfollati rifugiati in casa loro o nelle vicinanze vengono ammassati in una stalla del fabbricato. In altre due stalle vengono infilati, non senza difficoltà, i rastrellati dell’Argentiera. 


Sono poco più delle sette del mattino. Un soldato tedesco entra in una delle stalle e ordina “Due uomini fuori!” I fratelli Alfio e Agostino Bibolotti si fanno avanti, vengono caricati con apparecchi radiotrasmittenti e condotti via. Sono ancora a pochi metri quando vedono i nazifascisti sparare all’interno delle stalle  con mitra e lanciafiamme. 

Ennio Navari, ricorda che uno dei soldati in divisa tedesca, fa uscire una mucca dalla stalla in cui sarebbero stati ammassati loro urlando “Dai mora!”. Poi la sua matrigna gli fa bere qualcosa di forte per dargli coraggio e il bambino corre vicino alla porta.

Arrivano le bombe, è il caos. Vede mitragliare tutti quelli che cercano di scappare fuori e giù per le piane, compresa la matrigna. Lui svicola dietro la casa e si nasconde nella buca delle pale di un forno e si salverà.


Nel gruppo dell’Argentiera, in questa stalla, c’è anche Milena Bernabò che racconta: “Siamo fra le 40 o 50 persone ammassate in caldo soffocante, senz’aria e stanche. passa un’ora estenuante nella stalla, le persone anziane si sentono mancare” Poi c’è un cambiamento: i tedeschi o supposti tali fanno uscire tutti da questa stalla e li trasferiscono in un’altra. 
Altra breve attesa, poi la porta si apre e compare una mitragliatrice puntata verso l’interno della stalla. Un tedesco entra e controlla fino in fondo (o forse conta le persone), poi esce dal tiro di fuoco. La mitragliatrice spara, spara il tedesco, altri buttano bombe poi paglia incendiata.
Passa quindi un certo lasso di tempo fra il rastrellamento, l’imprigionamento e la strage. Del gruppo dell’Argentiera in questa stalla si salvano in cinque: Milena Bernabò, Ennio Navari, Mauro Pieri, Lina Antonucci e Mario Ulivi.  
Vengono protetti dai cadaveri dei familiari e, pur feriti e intossicati dal fumo, riescono a uscire, scampano ai tedeschi. Fuori ci sono altri cadaveri, persone fucilate all’esterno. Vengono assistiti dopo molte ore. Hanno dai sedici ai cinque anni.
Poco prima, la stessa cosa è successa ai Franchi e a Le Case. Alla Vaccareccia verrano trucidate circa cento persone.
Renato Bonuccelli  (Le Case): Alle Case l’allarme scatta verso le 6.30, Angelo Guidi sveglia il nipotino Renato Bonuccelli; la famiglia Bonuccelli decide di rifugiarsi nella Buca di Davide, una galleria artificiale raggiungibile percorrendo circa 300 m di sentiero scosceso.
A un certo punto parte del gruppo decide di tornare indietro: ci sono persone anziane che camminano a fatica e lo zio di Renato, Silvestro, ha un malore. Sembra uno sforzo troppo grande raggiungere il rifugio, visto che può trattarsi di un falso allarme (come già è accaduto) e in fondo non è mai successo niente ai bambini, agli anziani e alle donne.
Solo Giuseppe Bonuccelli, il padre di  Renato , e il cognato Amerigo Guidi raggiungono la Buca di Davide, dove trova rifugio anche gente di altre frazioni. (i Berretti).
Gli altri abitanti delle Case, compresi i Bonuccelli che sono tornati indietro, seguono il solito comportamento: uomini abili nei boschi, gli altri a casa. Le donne preparano qualche cibo e bevanda per ingraziarsi i tedeschi. Passa ancora del tempo. Poi, dai Franchi, arriva il primo gruppo di tedeschi.
Alle Case abita Rinaldo Bertelli Segretario del Fascio. Secondo Marietta Mancini, moglie di Daniele Mancini, il Bertelli era solito dire: 
"Voialtri se vengono qui i tedeschi o i fascisti non abbiate paura, anche gli uomini che sono qui nella borgata che rimangano pure che dove ci sono io non c’è pericolo."
Alle Case in un primo momento arriva dai Franchi una pattuglia di sei o sette uomini, dei quali uno entra e li fa uscire. Viene mandato un segnale e arriva una seconda pattuglia, più violenta, che li spinge dentro la cucina con gli altri, circa 40 persone.
Daniele Mancini riconosce qualcuno, forse un fascista locale, nel gruppo dei “tedeschi” e gli dice: “Come, anche tu qui?” Il militare gli spara alla testa. 
Rinaldo Bertelli mostra dei documenti al tedesco o chi per esso a capo del gruppo, che li sfoglia, poi li getta via e gli spara. I nazifascisti vanno a bruciare le case appena svuotate. Poi, dopo 15 minuti tornano alla cucina affollata dai rastrellati. 
Inizia la mattanza, prima con bombe a manico lungo gettate da una finestra. Nello Bonuccelli porta il nipote Renato al piano di sopra, poi riscende per prendere la figlia, ma a quel punto, inizia a sparare una mitragliatrice dalla porta. 
Molti cercano di uscire ma vengono mitragliati fuori dalla casa. Nello riesce però a nascondersi in un pollaio. 
Alfredo Graziani, al piano di sopra  con la famiglia, dopo che il piccolo Renato è salito, sente gli spari e chiude la botola ammassandovi sopra dei mobili.
Quando gli spari finiscono, i nazifascisti danno fuoco alla casa. Nello Bonuccelli dal suo nascondiglio vede una donna ferita e ustionata trascinarsi fuori e morire poco dopo. 
Al piano di sopra, il Graziani decide che è necessario uscire per sottrarsi all’incendio. Renato Bonuccelli riesce a tornare dai suoi, la famiglia Graziani e Ettorina Bacci si rifugiano in un campo di granturco.
Ai Franchi tutto è cominciato tra le sette e le otto del mattino quando i militari arrivano scendendo la collina dietro la frazione. In una delle case vivono le famiglie Pieri e Pierotti, già allertate da Duilio Pieri e Italo Farnocchi di primo mattino. 

Gli uomini di casa hanno deciso di restare per non lasciare sole le donne visto che hanno una manza macellata illegalmente e temono la reazione dei tedeschi. Inoltre non pensano di essere in serio pericolo. 
I nazifascisti sparano  e la gente si precipita in casa, ma tutti vengono ributtati fuori e avviati verso la piazza della chiesa. 

A questo punto succede qualcosa di anomalo: dopo una cinquantina di metri le persone – circa venti – vengono riportate indietro da un’altra squadra, questa volta di fascisti e rinchiuse nella cucina della nonna di Enrico Pieri assieme ad altri 30 circa rastrellati. 
Il padre di Gabriella Pierotti si avvicina per parlare e mostrare un documento ma viene freddato con un colpo in bocca. Giuliana Pieri ha cinque anni e piange in braccio alla mamma. 

I tedeschi o chi per essi prendono la bambina e le sbattono nel muro fracassandone la testa, poi sparano alla madre. Poi inizia il massacro con colpi singoli e bombe a mano
Gabriella Pierotti ha undici anni e rimane per ore nascosta in un campo di fagioli assieme alla cugina Maria Grazia Pierotti, 13 anni, e Enrico Pieri, 10 anni.
Abitavano ai Franchi,  Maria Grazia e Enrico si salvano nascondendosi in un sottoscala, Graziella   sotto i cadaveri dei familiari.
Poi scappano dall’incendio. «Rimanemmo in quella stanza, nascosti dai cadaveri, le braccia, le gambe il volto intriso del sangue dei cadaveri  e sentimmo cosa avveniva fuori. I tedeschi erano andati a prendere dei covoni di grano, li accostarono alla casa e gli dettero fuoco. 
Le fiamme distrussero il pavimento in legno, non quello in mattoni. Bruciarono anche le mucche del padrone di casa. Mia madre era ferita ma ancora viva, ci chiese di portarla fuori perché il fumo era denso, l’aria irrespirabile. Ma non ce la facemmo. 
C’era una bambina che mi implorava: “Tata, dammi da bere…” Dopo molte ore uscimmo di casa, ci nascondemmo nei campi, accovacciati sotto un muro».
Ai Franchi muoiono circa 30 persone delle famiglie Bartolucci, Marchetti, Pieri e Pierotti, radunate nella cucina dei Pieri e qui falciate con bombe e mitragliatrici, finite con un colpo di grazia, bruciate vive o soffocate dal fumo. 
Solo verso le 17 i bambini osano muoversi dal campo di fagioli, dopo aver visto gli scarponi militari passare e ripassare davanti al loro nascondiglio al suono di un’armonica a bocca. Ma dovrà passare un po’ prima che trovino aiuto:
"Le persone siccome eravamo tutti insanguinati dicevano “Andate via, andate via che se i tedeschi vi vedono così ci ammazzano anche noi” sicchè noi tre bimbi ce ne andavamo. "
Queste “persone” sono gli sciacalli, scesi dal crinale per saccheggiare cadaveri e abitazioni, che non vogliono testimoni e li allontanano. 
Nel luglio del ’44, diversi detenuti erano fuggiti dal carcere di Massa, colpito dai bombardamenti aerei, disperdendosi sulle montagne di Massa, Carrara e della Versilia. 
Alcuni pensarono esclusivamente a nascondersi o cercarono di raggiungere le linee alleate, altri entrarono in contatto con i partigiani che decisero, sia pur malvolentieri, di inserirli nelle formazioni per tenerli sotto controllo, assegnandoli a servizi vari.
Altri fingendosi partigiani, effettuarono atti di brigantaggio, facendosi consegnare dalla popolazione, con violenze e minacce, viveri, denaro ed effetti personali. 

Ed è probabile che qualcuno di questi  (le persone che ricordano i bambini) fosse nei pressi di Sant'Anna quel giorno.
Finalmente i bambini sentono le prime voci amiche e vengono soccorsi ma anche informati di quanto è successo in tutto il paese. Scoppiano in un pianto dirotto.