martedì 11 agosto 2020

L'orrore ha un volto - Terza parte e ultima parte


A Sant'Anna è in atto l'eccidio. Colpi di mitragliatrice, gli scoppi delle bombe a mano, il sibilo dei lanciafiamme, il pianto e le urla strazianti delle vittime è la colonna sonora di quel sabato mattina.


I nazifascisti arrivano al Colle dalla Foce di Compito verso le otto. Come per le altre frazioni, gli uomini riescono a scappare. Una ventina di persone viene spinta fuori dalle abitazioni che vengono incendiate.

Vengono radunati lì anche gli abitanti del Moco. Ettore Salvadori (zio di Maria Luisa Ghelardini) si è nascosto vicino, in una piana, ma poi si unisce alla fila delle donne e bambini rastrellati dove ci sono anche la moglie e la figlia. 

Armida Bertelli cerca di fuggire ma una mitragliata le amputa il braccio. Federigo, nascosto nel bosco, vede la scena, sente cantare e vede qualcuno dei soldati attardarsi a trascinare roba, ma alcuni gridano in buon italiano:”Via, via, che è tardi!”. 

Durante il tragitto, in direzione Sennari, i nazifascisti incendiano abitazioni, stalle e grano mietuto. A questo punto si aggiungono altri militari e si verifica un cambio di direzione. La gente viene spinta in un campo, località “Ai Cigli” davanti a una mitragliatrice già piazzata.

Fra i militari ci sono almeno tre italiani, e un portamunizioni che viene ucciso, Cesare Lazzeri, rastrellato alla Porta. Tutto il gruppo viene mitragliato, qualcuno è ucciso a colpi di moschetto. 

Quando tutto sembra finito, tornano alcuni soldati che sparano ancora sui corpi. Su diciannove persone se ne salvano due: Ettore Salvadori e Maria Luisa che, gravemente ferita, sarà soccorsa dopo qualche ora. 

La giovane donna ha avuto modo di vedere bene almeno uno dei due che azionavano la mitragliatrice: Alemaro Garibaldi, noto fascista di Pietrasanta, quello che all’Argentiera è andato incontro, salutandoli, ai nazifascisti unendosi a loro. Probabilmente il suo compare è Giuseppe Ricci.

Nel ’46 Maria Luisa riconosce il Garibaldi a Pietrasanta, lo assale a graffi e morsi e lo denuncia alle forze dell’ordine. Gli verrà trovato in tasca un lasciapassare tedesco del giorno 12/8/44, firmato da Jannsen, comandante della V divisione.

I nazifascisti si lasciano per ultima la strage a Coletti. La frazione comprende due gruppi abitativi vicini, collocati sotto il sentiero principale per Vadicastello e si raggiunge tramite un sentiero dietro il campanile che scende nel bosco (un quarto d’ora di cammino circa). 

Coletti di Sopra è sostanzialmente una singola abitazione in cui vivono i Battistini, tra cui Ada e Alba Battistini. C’è un forno funzionante, per questo motivo il 12 mattina si trovano lì anche Pasquale e Giuseppe Della Latta, padre e figlio, scesi dai Merli per cuocere il pane.

In quel forno scendono spesso i partigiani per arrostire la carne macellata a Compito. Ada e Alba hanno 15 e 17 anni. L'allarme è arrivato presto. Alba va verso la Chiesa alle dieci circa per capire cosa sta succedendo. Vede una colonna di fumo e sente colpi di mitragliatrice mescolati alla musica di un organetto o un'armonica. 

Verso le undici però le due ragazze vengono bloccate, appena fuori casa, da cinque soldati in divisa, di cui quattro parlano italiano con inflessioni dialettali e netto accento della zona versiliese. I quattro gridano: “Via!Via!” e “Foco, foco!”. 

Mentre gli altri rastrellano, due entrano in casa, danno calci alle porte, spaccano mobili, riempiono un sacco con roba rubata e poi incendiano la casa.

Alvaro Ulivi (13 anni) ricorda che inizialmente vengono messi al muro davanti a una mitragliatrice, ma poi, grazie a una reazione di sua madre, le 22 persone di Coletti di Sopra vengono incolonnate e condotte verso il basso. 

Alba sente spari di mitraglia e deve passare con gli altri nel fumo degli incendi, ma non vede la strage che si sta compiendo a Coletti di Sotto perché il suo gruppo percorre un sentiero che gira sopra la sua casa e non consente una visuale diretta. 

“A un certo punto del nostro spostamento entrarono a spezzare la fila cinque o sei tedeschi che provenivano da un viottolo sul lato destro del nostro.”

Questi nuovi arrivati si uniscono ai quattro del primo e prendono sotto controllo i primi cinque rastrellati della fila, il resto rimane indietro con il soldato che non ha mai parlato del primo gruppo, un biondino.

Alba e Ada fanno in tempo a vedere questi “tedeschi versiliesi” uccidere, imprecando con ripetuta violenza, una mucca che bloccava il sentiero: “Oh mostro! Oh brutto mostro voi morì!!” 

Poi il sentiero si biforca e li perdono di vista. Le ormai diciassette persone continuano a scendere per “ la scorciatoia dei “boschi”, un sentiero ripido in direzione Valdicastello. 

Sono rimaste sole con il “biondino”, il tedesco, un ragazzo giovanissimo, probabilmente di 17/18 anni, che non parlava mai. Il quale, invece di sparare contro di loro per ucciderli, esplode dei colpi in aria per simulare la loro esecuzione. 

Peraltro ferendosi sul viso con un bossolo, che gli fece uscire una goccia di sangue, al contempo facendo loro segno di scappare. 

In quel momento Alba sente suonare il mezzogiorno alla Culla. Corrono verso la insperata salvezza. Le due sorelle sapranno dopo che i nazifascisti hanno ucciso i cinque di Coletti nel bosco sotto la frazione più un’altra decina di persone lungo la strada per Valdicastello.

Il rastrellamento e le uccisioni continuano. Nella chiesa di Sant'Anna molti si sono radunati spontaneamente con Don Innocenzo Lazzeri, parroco a Farnocchia sfollato dopo l'incendio del paese , sperando di essere risparmiati dalla furia assassina. Non sarà così. 

Altri arrivarono dai borghi a mani alzate incolonnati e sotto il tiro dei tedeschi. Molti avevano subito capito quale sarebbe stato il loro destino: alcuni avevano le foto della loro famiglia in mano per essere identificati dopo morti.

Iniziarono a sparare e mentre Don Innocenzo benediva le povere salme lo spinsero, insieme agli altri verso il centro della piazza. 

Li ammassarono davanti alla chiesa, dove c'era una croce di marmo. Li mitragliarono poi tirarono fuori le panche dalla chiesa, gli arredi di stoffa e diedero fuoco con il lanciafiamme. 



Quasi 140 persone morirono in quel rogo. Un ammasso di carne umana che bruciò per giorni. Di quelle vittime, o di quello che ne restava, furono distinti soltanto i cadaveri di 24 donne e i teschi di 32 bambini.

Nella canonica della piccola chiesa quel gruppo di tedeschi rimasero a cantare bevendo e mangiando quello che avevamo razziato nelle povere case sempre al suono di un organetto.

Poi i macellai scendono a Valdicastello continuando a uccidere civili innocenti, cantando e al suono di quell'organetto maledetto.

A Sant'Anna cala il silenzio. 

I pochi uomini che si erano messi in salvo hanno paura a scendere nel paese perchè temono che vi siano ancora i tedeschi. 

Vedono solo il fumo nero e piano piano un odore nauseabondo di carne bruciata. Verso sera scenderanno trovando la devastazione cadaveri martoriati, donne, vecchi e bambini irriconoscibili.

Le urla di disperazione risuonano nella piccola valle. I cadaveri continuano a bruciare illuminando l'ultima notte di Sant'Anna. 

Si conteranno 560 morti di cui 130 bambini. Ma probabilmente le vittime furono molte di più perchè le fiamme, le bombe nelle case avevano cancellato intere famiglie. 

L'orrore era compiuto.