sabato 1 agosto 2020

Le Silerchie


Vi è mai capitato di sfogliare un libro della collana Silerchie? La raccolta nasce nel 1958 grazie all’intuito di Alberto Mondadori, patron del Saggiatore, la casa editrice indipendente fondata a Milano nello stesso anno. 
L’intuizione venne al patron Alberto Mondadori, che, quando nella primavera del 1958 annunciava la nascita della casa editrice a William Faulkner, scriveva che avrebbe fatto anche una piccola collana di narrativa e saggistica con titoli «scelti con criteri di estremo rigore e firmati esclusivamente da autori di primissimo piano». 
Era appunto le “Silerchie”: volumetti brevi, cartonati, con una realizzazione grafica e copertine colorate innovative per l’epoca e le "Silerchie" è stata la collana del Saggiatore di maggior successo. 
Centoquattro sono i titoli selezionati: dalla Lettera sul matrimonio di Thomas Mann alle Coefore di Eschilo, con in mezzo un vero e proprio olimpo letterario – del resto il curatore era quel gentiluomo delle lettere italiane che risponde al nome di Giacomo Debenedetti, che compilava capolavori stringati in poche righe in quel foglietto anonimo che introduceva ogni opera. 
Ma qual è l’origine della parola Silerchie che già allora stuzzicò la curiosità dei lettori. Nel secondo catalogo del Saggiatore della primavera-estate del 1959 un lettore infatti scriveva, in un linguaggio decisamente da anni Sessanta, all'editore:
« Illustre Mondadori, debbo raccontarle una scenetta da telequiz. L’altra sera con un gruppo di amici mi trovavo al solito bar. Sapendomi un tifoso dei libri, alcuni di loro si sono messi a sfruculiarmi sul nome della Biblioteca delle Silerchie. Molti ne conoscevano parecchi volumetti».
Ed è così che nel catalogo successivo arriva la risposta dell’editore nel catalogo della collana del 1959: “Via delle Silerchie è una strada di campagna che si stacca dalla Nazionale Camaiore-Lucca, si inerpica sulle prime balze delle Alpi Apuane, poi diventa sentiero tra i boschi. Nell’ideare una collana di brevi libri attraenti e spesso illustri come il paesaggio della Versilia, mi è parso di invitare il lettore a una poetica passeggiata, come quella che offre la via delle Silerchie, dove il paesaggio varia e si allarga di continuo”.
Ed è proprio nei pressi di quella via che Arnoldo Mondadori ha la propria villa: una bella casa colonica per ospitare artisti e collaboratori che il figlio Alberto demolisce per costruire un immobile moderno ispirato alle architetture di  Wright.
Ecco come nasce Villa Medusa; il progetto è di Alberto Mazzoni  e il nome è un omaggio all’omonima collana editoriale nata nel 1933. La casa è il ritrovo di molti scrittori e artisti del tempo e la biblioteca custodisce libri autografati dagli autori e moltissimi volumi. E non è per nulla peregrino pensare una collana come a un luogo.
Del resto Mondadori e Debenedetti erano portatori di un’idea militante (che forse oggi gli editori dovrebbero riscoprire): la casa editrice è appunto quel luogo dove, oltre che ai libri, si fa cultura.
La storia di questa residenza risale ai primi anni del dopoguerra quando il grande Arnoldo Mondadori scoprì sul colle delle Silerchie una bella casa agricola padronale con una balconata tipica lucchese. 
Se ne innamorò a prima vista tanto che non passava anno che in estate non soggiornasse alcuni mesi a Camaiore, dove ogni mattiva si trovava seduto al bar Del Dotto, pronto a parlare con tutti, ovviamente di libri e di letterature. 
Ma il figlio Alberto rase al suolo l'ottocentesca casa per costruirci la villa che chiamò Medusa, come la fortunata collana editoriale na di quell'epoca. Ma Arnoldo,ne ebbe un tal colpo al cuore che non tornò più a Camaiore. 
E quel luogo,negli anni'60, fu il cenacolo estivo per scrittori e artisti, tutti alla corte di Alberto. E fu l'avvio del turismo vip dell'entroterra camaiorese. 
Dopo la morte di Alberto le presenze in villa della vedova, Virginia e dei figli Nicoletta e Marco andarono facendosi sempre più rare tanto che dal 1992 e per alcuni anni, la villa ospitava per brevi periodi estivi il principe Faisal, figlio del sovrano saudita Fahd Ben Abdelaziz, con la sua numerosa corte. 
Da allora, tra quelle pareti, si cominciò a parlare sempre di meno di libri e di letteratura, tanto che l'edificio della biblioteca non era più il punto di ritrovo dei bei tempi.
E c’è da augurarsi che siano profetiche le parole di Alberto Mondadori quando, sempre rispondendo al lettore curioso sul nome delle “Silerchie”, aggiungeva spiegandone l’etimologia: 
«... con Siler, con il diminutivo silercula, rametto di vetrice con cui si facevano bastoncelli magici usati per scacciare le malattie e gli spiriti maligni, si offre un’interpretazione della collezione. 
Una collana dunque che mette in fuga malanni e malefizi: le confesso che mi rallegra l’idea di aver trovato senza saperlo un nome di così buono augurio per i lettori della Biblioteca delle Silerchie».

Anche la pioggia
più non lacrima pianto
di giorni perduti.
Piove dolcezza quieta
da turchina balaustra di monti
e il cielo sorprende
così grande così puro,
e lo smarrisce.
Alberto Mondadori, Camaiore - Aprile 1956