giovedì 6 agosto 2020

Luigi Mulargia

Questo è il racconto di una vita spezzata a venti anni nei boschi dell'Alta Versilia da cui vedeva lo stesso mare che bagnava la sua Sardegna. Luigi Mulargia era nato a Olbia nel 1924 e visse a Bonorva (Sassari), si arruolò nella Marina Militare nel 1941, presso la base di La Maddalena.
Frequentò la scuola CEMM di Venezia, poi, dal settembre 1942 al febbraio 1943, prestò servizio presso la torpediniera T/7 quindi fu imbarcato sulla nave ausiliaria “Cattaro” dal 25 febbraio 1943.
Dopo l’armistizio, nel vano tentativo di trovare un imbarco per la Sardegna, giunse in Versilia, dove entrò in contatto con Gino Lombardi, con cui condividerà le vicende della lotta partigiana nelle file dei “Cacciatori delle Apuane”
Cadde in combattimento sul Monte Gabberi il 18 aprile 1944.   
Così ricorda le circostanze della sua morte il partigiano Lido Lazzeri, che si trovava vicino a lui durante il combattimento:
Stavo al di sopra della posizione dov’erano  Mulargia e i due mongoli (due disertori tedeschi di origine asiatica) quando mi vidi molto vicini repubblichini che salivano e quasi era arrivati sul colle; cercai di sparare con lo sten, che si inceppò, come del resto avveniva spesso. 
Così mi gettai dietro a una roccia e avendo delle bombe a mano, ne gettai dall’altra parte della roccia verso il ripido sentiero; i lanci fermarono la loro avanzata e cominciai ad udir gridare forse perché qualcuno era rimasto ferito, ma io dalla posizione non potevo vedere. 
Continuai ancora, poi cercai di scendere dove era il sardo che, in piedi, si dava da fare per sparare con il mitra Beretta; lo esortai a non esporsi troppo, ma egli incurante del pericolo sembrava raggiante per aver fatto il vuoto davanti a sé, coadiuvato dai mongoli. 
Scesi più in basso dove erano Consani, Lombardi ed altri che non riuscivano a tenere quelli che salivano dalla Pietralunga e che arrivavano da diverse direzioni. Lalle (= Aldo Berti) era in altra posizione e pensai che anche là facesse abbastanza caldo. 
Fu allora che Mulargia venne colpito , ma riuscì a gridare:”Fuggite, per me è finita, mettetevi in salvo”. Il resto lo sappiamo. Il mongolo, piangendo, quando fummo nel bosco disse:”Luigi è kaput” .
In seguito il suo nome fu dato a una formazione dei "Cacciatori delle Alpi Apuane".
Sul ferito i fascisti infierirono mozzandogli le orecchie e uccidendolo a calci. 
Scesi a Sant'Anna, i fascisti della Decima Mas, perquisiscono con violenza alcune case poi si fanno preparare una polenta nella casa del padre di Enio Mancini, uno dei sopravvissuti dell'eccidio. 
Tra le giubbe nere un certo Garildo ( forse Aleramo Garibaldi noto fascista versiliese e che partecipò attivamente all'eccidio).
Enio ricorda che mentre mangiavano si vantavano delle sevizie inferte a Mulargia e la nonna di Enio chiede se il poverino era ferito. Garildo si alza e gli da un manrovescio buttandola in terra. 
Uno dei fascisti, ridendo,  si china su di lei e gli fa vedere un orecchio umano insanguinato (del povero Mulargia) legato a una cordicella che si era portato come souvenir.
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"Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile."
Giordano Cavestro (Mirko) anni 18, Fucilato il 4 maggio 1944.
Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana.