mercoledì 22 luglio 2020

Eskimo innocente

Portavo allora un eskimo innocente... Erano gli anni settanta, frequentavo le superiori a Massa e, come molti della mia generazione, portavo quel capo d'abbigliamento cantato da Guccini e Gaber.

Ero in prima superiore e lo comprai al Mercatino americano a Livorno. Un sabato pomeriggio con mio cugino Guido prendemmo il treno e arrivati a Livorno andammo in piazza XX Settembre dove c'era quel famoso mercatino.

Le bancarelle erano piene di oggetti e indumenti militari anche italiani ma sopratutto americani, vista la vicinanza con la base di Camp Darby nella pineta del Tombolo e la presenza a Livorno della Brigata Paracadutisti "Folgore

Binocoli, borracce, zaini, tute, anfibi, giubbotti in pelle da aviatori, RayBan ma sopratutto lì sapeamo che avremmo trovato l'eskimo.

I banchi erano gestiti da livornesi, non era ancora arrivata l'ondata dei cinesi che, a Livorno come in altri luoghi ha omologato l'offerta dei banchi dei mercatini con chincaglieria di dubbio gusto e tutta uguale.

Girammo un pò fra i banchi poi dopo una prova veloce e un paio di contrattazioni sul prezzo finalmente comprai il mio eskimo. "Dè, ora e sembri Mongomery!" mi disse il livornese che me lo aveva venduto.

Di fatto confondendo il Montgomery reso famoso dal generale inglese con l'Eskimo che derivava il suo nome dagli eschimesi. 

Avevo comprato anche un piccolo zainetto di tela ruvida da portare a tracolla. Indossai l'eskimo e riprendemmo il primo treno utile.

Era verde militare, con il cappuccio e la pelliccetta bianca staccabile, per lavarlo meglio, le tasche grandi e due più piccole inclinate. 

Una cintura in vita che finiva con una fibbia di ferro che si rilevava utilissima per far capire al fascio di turno che il ferro si batte finchè è caldo...

La mattina dopo arrivai a Massa tutto orgoglioso di quell'eskimo che definiva, anche visivamente, la parte a cui appartenevo. In quegli anni a Massa le tensioni politiche e sociali non erano diverse dal resto d'Italia.

A Massa c'era un bar, vicino al palazzo delle poste, il bar Bologna, mi sembra si chiamasse, che era noto per essere ritrovo dei fascisti. Li ricordo seduti ai tavolini davanti al bar, con i giubbettini di camoscio o di pelle nera, RayBan scuri, scarpe nere a punta e facce da imbecilli.

Le scazzottate erano all'ordine del giorno. Ma dato che i fasci amano le lame noi amavamo i manici dei picconi che, regolarmente, venivano rubati o nelle cave o nei cantieri stradali.

Alle manifestazioni l'eskimo era utile per mascherarsi tirando su il cappuccio e un fazzoletto sul viso (la kefiah viene molto dopo), così come il tascapane in cui mettevamo i limoni.

D'altronde eravamo quasi tutti uguali, stesso eskimo, jeans, Superga o Clarks e quindi era un pò difficile per i celerini individuare un singolo nel casino generale.

Ma oltre a essere un riconoscimento politico l'eskimo aveva anche altre funzioni. In primis portarlo orgogliosamente come un'uniforme, molti con Lotta Continua che spuntava dalla tasca e fare colpo sulle fante.

Che non sono le bottiglie di aranciata ma a Massa e anche a Carrara è il modo di apppellare le ragazze.

Un altra funzione era quella che io e mio cugino Guido applicavamo alla Standa di Massa. Entravamo, tutti e due con l'eskimo, poi aggirandoci tra gli scaffali rubavam... cioè facevamo un esproprio proletario di musicassette, pile, mignon di liquori, cioccolata e altri generi di conforto.

Il tutto finiva nel cappuccio dell'eskimo, quindi prendevamo un singolo oggetto, molte volte una biro, una gomma andavamo alla cassa pagavamo quell'unico oggetto poi uscivamo con la refurt... con il risultato della giusta ricompensa per aver sfidato il sorvegliante della Standa.

A quel tempo non c'erano scanner, telecamere, misure antitaccheggio o altre diavolerie ma solo un povero cristo di sorvegliante che si aggirava sui due piani della Standa.

A volte abbiamo trafugato anche calzini, mutande,t-shirt e Guido, mio cugino, aveva organizzato anche una vendita su commissione. Nel senso che riceveva richieste di oggetti ( le musicassette vergini erano le più richieste), faceva la lista, andavamo a fare l'esproprio poi distribuiva la merce.

In cambio Guido si faceva pagare la colazione al bar, un cappuccino e tre, dicasi tre, brioche. A me solo una...

Non ne sono sicuro ma mi è rimasto sempre il dubbio di aver contribuito al fallimento della Standa...

Oggi quel vecchio eskimo è qui in un baule, in una busta di cellophane. A volte apro il baule, lo indosso e annuso il tessuto. Sento l'odore del tabacco (allora mi facevo le sigarette a mano), quello dei limoni e quello dei lacrimogeni.

Ma se annuso il cappuccio sento sempre l'odore del Toblerone...

"Portavo allora un eskimo innocente
 Dettato solo dalla poverta'
 Non era la rivolta permanente
 Diciamo che non c'era e tanto fa..."