domenica 3 maggio 2020

Ahi Pisa, vituperio delle genti


Un giorno di aprile del 1966  il parroco aveva affisso alla porta della chiesa un foglio in cui si annunciava una gita in occasione del Giubileo indetto da Paolo VI.


La gita, la domenica, era in corriera e si andava a Pisa ad assistere alla messa solenne celebrata dal Vescovo nella cattedrale di Santa Maria Assunta in Piazza dei Miracoli. Dopo la messa era previsto il pranzo al sacco e poi il ritorno al paese.

Mia nonna Palma fu una delle prime a iscriversi e, ovviamente, aveva iscritto anche me. In pochi giorni i 40 posti della corriera erano stati prenotati. 

Molti del paese non erano andati più lontani della cittadina magari in Comune per qualche pratica o a trovare qualche ricoverato all'Ospedale.

Quindi qualcuno, che non era proprio assiduo frequentatore della chiesa paesana, approfittò dell'occasione e del prezzo popolare della gita per vedere da vicino la famosa Torre pendente.

Il parroco, Don Danilo, aveva preso il posto del precedente che si era "spretato" e sposato una del paese. Era nativo di Genova , una cinquantina d'anni, basso robusto e fumatore di toscani.

In paese lo chiamavano tutti DinDonDan e lui lasciava fare. Frequentava, a turno, i bar del paese perchè, diceva lui "Io sono il pastore e ho il mio gregge da curare e devo curare anche i montoni".

Giocava a carte con i paesani che, abituati al clima da osteria, si dimenticavano di giocare con un prete e ogni tanto tiravano qualche moccolo e DinDonDan mollava al malcapitato un calcio negli stinchi "Figliulo...." e lo guardava severo.

Io ero uno dei suoi chierichetti con Cesarino, che era mio cugino. La storia di Cesarino ve l'ho raccontata nel "La frittata". Quando finiva la messa e si riportva tutto in sagrestia, Cesarino si attaccava all'ampolla del vin santo. Poi ne lasciava un pò e la rabboccava con l'acqua.

La cosa durò qualche messa poi una mattina DinDonDan gli mollò uno scapellotto che lo mandò lungo disteso e gli disse:"Se bevi un'altra volta il vino poi lo annacqui ti scomunico!" disse DinDonDan.  
Questo era Don Danilo. 

La domenica mattina alle 6 tutti i partecipanti alla gita erano sulla piazza in attesa della corriera che arrivo, puntuale alle 6 e mezzo.

La maggioranza dei partecipanti erano donne, quasi tutte anziane e che frequentavano ogni giorno la chiesa. Di ragazzini c'eravamo io con mia nonna, Cesarino con sua madre e basta.

Alla comitiva si erano aggregati anche sei uomini, dei sei l'unico che non era proprio un praticante era Valerio detto Valè. 

Valè era in pensione da un paio d'anni. Aveva lavorato anche lui alle cave e era rimasto vedovo da qualche anno. La caratteristica di Valè era la capacità di ingurgitare ettolitri di vino. Ma lo faceva solo di sabato sera e in questo era responsabile visto che nei giorno di lavoro non beveva mai.

Fisicamente era piccolino, magro e con un occhio di vetro ricordo di un incidente di cava. DinDonDan sapeva che Valè veniva alla gita solo per vedere Pisa ma non se ne faceva un cruccio.

Ognuno dei partecipanti si era organizzato per il pranzo al sacco. Quindi chi aveva una cesta con dentro vivande e beveraggio, chi un tascapane, chi, come Valè solo un fiasco di vino legato a tracolla.

Saliamo sulla corriera e prendiamo posto, Valè si mise in fondo e io e Cesarino avremmo voluto andare lì con lui ma se lo avessimo chiesto mia nonna  e sua madre ci avrebbero fulminati con uno sguardo.

Sistemati i "bagagli" si parte per Pisa. DinDonDan disse che vista la lunghezza del viaggio ( un'oretta abbondante) avremmo recitato il Santo rosario.

Il conducente della corriera era ovviamente esentato anche perché non aveva una faccia da cherichetto. DinDonDan seduto sullo strapuntino a fianco dell'autista inizia il rosario.

Quasi tutta la corriera risponde tranne Valè che è crollato in un sonno ristoratore dopo la ubriacatura del sabato sera. E in più russa.

Io e Cesarino ridiamo piano e ci arriva la sberla di mamma e nonna "Recitate il rosario" dice mia nonna sottovoce. Finalmente verso le 8, dopo un'indigestione di Pater, Gloria e misteri gaudiosi arriviamo a Pisa.

DinDonDan dopo aver svegliato Valè con un paio di pacche, ci dice di scendere e rimanere tutti insieme e di seguirlo. Entriamo in Piazza dei Miracoli e lo spettacolo lascia tutti senza fiato. 

Valè tira un moccolo: "Porc... quant'è grosso questo campo!" DinDonDan gli molla uno scapellotto facendogli saltare il cappello "Valè te lo dico una volta sola! Non bestemmiare! Alla prossima ti chiudo sulla corriera!"

Valè borbotta qualcosa, si china a riprendere il cappello, stappa il fiasco e tracanna un pò di vino. DinDonDan dice che la messa è alle 10 e che quindi abbiamo un paio d'ore per visitare la piazza e i monumenti.

"Nel caso vi perdeste chiedete a un vigile - dice DinDonDan - o andate alla corriera". C'era qualche paesano che non sapeva nemmeno cos'era un vigile...

Gli uomini e la maggior parte delle donne inizia a camminare nel prato verso i monumenti, e mentre mia nonna mi tiene per la mano e io guardo con il naso all'insù il Battistero, la Cattedrale, e la Torre. Altre donne vanno dentro la Cattedrale ad aspettare la messa.

Ci fermiamo sotto al Torre e lo spettacolo è davvero unico. Non saliamo perchè mia nonna soffre di vertigini ma alcuni vanno su, fino in cima da dove, penso, si vede anche il nostro paese.

Mia nonna mi dice se ho fame e io alzo le spalle facendo segno di si. Prende dalla borsa con le cibarie un pezzo di focaccia di granturco e me la porge.

Mi siedo sull'erba e inizio a mangiare mentre vedo Valè, fiasco a tracolla che cerca di "pendere" come la Torre. La guarda poi, braccia lungo i fianchi si inclina.

Si inclina, si inclina e sparisce nella buca che circonda la Torre. La gente accorre e anche noi corriamo a vedere. Sul marmo bianco c'è Valè a faccia in giù, con una macchia rossa che sta colando da sotto la pancia.

Un paio di paesani scende a va a vedere come sta. Mentre lo girano lui dice "Speriamo sia sangue, speriamo sia sangue!!" Lì per lì nessuno capisce cosa sta dicendo poi Umbè uno dei paesani che lo ha soccorso ci guarda e dice "Gli s'è rotto il fiasco, voleva che fosse sangue e non vino quello che gli sorte dalla pancia!"

DinDonDan era in Cattedrale e lo vanno a chiamare. Valè non s'è fatto nulla tranne un bernoccolo in testa che sta diventando sempre più rosso.

Arriva di corsa tenendosi la tonaca con una mano: "Dov'è? Dov'é?"... Valè l'hanno messo in piedi e intanto sono arrivati anche due vigili "Tutto bene?" chiedono a Valè "Tutto bene una pottisa! Ho spaccato il fiasco Mado..."

In quel momento gli arriva il calcio nello stinco di DinDonDan che si scusa coi vigili del trambusto e poi prende Valè sotto un braccio come fosse un fuscello.

Noi seguiamo i due per il prato di Piazza dei Miracoli. DinDonDan lo porta alla corriera. Chiama l'autista cje intanto dormiva sul sedile di fondo, gli fa aprire il bagagliaio della corriera.

Ci tira Valè come se fosse un sacco di patate e rosso come un peperone gli va sul naso e gli dice: "Te l'avevo detto! Ora resti qui fino a che noi non torniamo!"... "E scordati il vino!"

Valè rintontito dalla botta, disperato per il fiasco  rotto non fiata. "Chiuda a chiave! E non gli apra per nessun motivo!" dice all'autista che, non fregandogli nulla del prete, del briao e di noi pellegrini, chiude e torna  da dormire.

Passato lo psicodramma torniamo verso alla Cattedrale, assistiamo alla messa poi consumiamo in un angolo del prato il pranzo.

Io e Cesarino siamo preoccupati per il povero Valè... "O nonna ma Valè non morirà là chiuso?"..."No, ci respira"... "O nonna ma non avrà fame?"... "Più che altro avrà sete... ma gli fa bene fare un pò d'astinenza"

Io vedo al corriera da lontano e penso al povero Valè... meno male che l'autista ha parcheggiato sotto degli alberi all'ombra.

Finito il pranzo al sacco DinDonDan raduna il gregge e torniamo alla corriera. Arrivati saliamo e riprendiamo i nostri posti. DinDonDan riscende e con l'autista va a prendere Valè.

Aprono e lo chiama: "Valè, andiamo".. Valè non risponde... E' sdraiato su un fianco.. poi DinDonDan sente che russa... "Nato da un cane...Svegliaaaa!!" urla DinDonDan che lo sentono fino al paese...

Valè si scuote, si stira e nello scendere prende una capocciata nel portellone. "Porc.." poi si ferma prima che gli arrivi un pattone nel coppino.

"O Don Danilo ma se questa è Piazza de' Miracoli - dice - Se trovo un fisco e lo empio d'acqua non è che se dico una preghiera si traforma in vino?"

Questa volta DinDonDan lo prende per un orecchio e lo porta quasi di peso sulla corriera. "Ora siediti lì e non fiatare fino quqndo un s'arriva in paese!"

Ripartimmo verso le tre del pomeriggio. Ripartì il rosario mentre il povero Valè, che emanava un odore di vinaccia visto i vestiti inzuppati di vino, era di nuovo crollato in un sonno profondo e russava.

Arrivammo sulla piazza e scendemmo. La corriera ripartì e ognuno dopo qualche commento sulla giornata tornò a casa.

Valè era già entrato nel bar del Cro e aveva ordinato un mezzo litro di vino. Mentre tracanna il vino uno degli avventori gli dice; "Ma la Torre pendente l'hai vista?"... "L'ho vista, per pende, pende bene ma secondo me il muratore doveva esse un mì antenato..." 

"Ahi Pisa, vituperio de le genti del bel paese là dove ’l sì suona, poi che i vicini a te punir son lenti,
muovasi la Capraia e la Gorgona, e faccian siepe ad Arno in su la foce, sì ch’elli annieghi in te ogne persona!"

Dante , La Divina Commedia, 
Inferno · Canto XXXIII