sabato 28 marzo 2020

Sipario!


Come vi avevo raccontato, in paese c'era una filodrammatica. Era composta per la maggior parte da ragazzi e ragazze del paese e qualche persona più adulta. 

Guidava la filodrammatica un maestro elementare in pensione che si chiamava Mario. Era il regista dei testi teatrali che con tanta buona volontà venivano messi in scena.

Le prove si svolgevano nel salone delle feste della Società operaia di mutuo soccorso dove c'era il palcoscenico. Di solito il sabato sera visto che le altre sere era difficile per motivi di lavoro o di famiglia avere la presenza di tutti i protagonisti.

Mettevano in scena commedie dialettali ma anche testi impegnativi per dei dilettanti del palcoscenico.
Un anno decisero di mettere in scena una versione un pò rimaneggiata di Romeo e Giulietta di Shakespare.

Prove su prove mentre cerano mamme e nonne che cucivano i vestiti di scena, altri preparavano le scene dei vari atti.

La prova generale andò benissimo e la sera della prima la sala era strapiena della gente del paese.

Il palcoscenico, costruito dai soci della Società, era tutto di legno, rialzato dal pavimento di circa un metro e qualcosa, con la buca del suggeritore e le due quinte girevoli a destra e due a sinistra.

Sul proscenio alcune lampade elettriche schermate, il sipario, di un pesante velluto rosso, era stato cucito dalle donne del paese e nel centro avevano ricamato, in oro, lo stemma della Società, una stretta di mano circondata da tralci di ulivo e quercia.

Il maestro si sistemava tra le quinte, dettava i tempi di entrata, mentre il suggeritore seduto nella buca (il parroco del paese) aiutava a ricordarsi le battute. 

Erano coinvolte molte persone, gli attori dilettanti, c'era chi cambiava le scene, chi apriva e chiudeva il sipario chi era addetto alle luci.

Le luci nella sala si spengono poi si riaccendono. Il pubblico sa che è il momento di prestare attenzione e di fare silenzio. 

Le luci si spengono e si illumina il sipario che si apre, lentamente, sulla scena e entra un giovane vestito da paggio che introduce la tragedia scespiriana: 

"Nella bella Verona s’apre la nostra scena, 
dove tra due famiglie di pari nobiltà, 
da un racconto antico s'arriva a una novella lotta..."

La rappresentazione andò avanti senza intoppi, con fragorosi applausi alla fine di ogni atto, e nei momenti di pausa tra un atto e l'altro il pubblico commentava a voce bassa ma tutti erano rapiti dalla bravura degli attori e dalla storia che pochissimi conoscevano.

Ma alla scena del balcone la sala era tutto un pianto, trascinati dall'emozione delle parole che Giulietta e Romeo si scambiano. Chi si asciugava con la manica della giacca, chi si soffia cercando di non far troppo rumore il naso.

"Chi sei tu che così avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri? dice Giulietta a Romeo... e la sala risponde con singhiozzi e singulti.

Alla morte, apparente, di Giulietta la sala è in silenzio, non vola una mosca... ma nella scena finale quando Giulietta si uccide con il pugnale cadendo sopra Romeo la sala scoppio in un "Noooo!!! come un tuono da far tremare quinte e sipario.

La rappresentazione finisce, il sipario si chiude e il pubblico scatta in piedi in un applauso fragoroso, sventolando i fazzoletti pieni di lacrime.

Il sipario si riapre con gli attori e tutti gli altri componenti della filodrammatica a riceve un lungo e caloroso applauso.

Replicarono la rappresentazione altre sei volte per il paese e una volta scesero nella cittadina, invitati dal teatro comunale. Partirono in corriera e sembrava un moderno Carro de' Tespi con tutto il materiale di scena caricato sopra. Anche lì fecero il pienone e un successo che gli valse un articolo sulla cronaca del giornale regionale.

La passione del teatro, in quel paese come in altri delle Apuane e della Garfagnana ma anche di altri luoghi in Toscana,  era la diretta eredità di quello che era il Cantar Maggio.

Che deriva, forse, dalla tradizione toscana dell'ottava rima o ottavina di tradizione trecentesca nei cantari  e di Boccaccio. 

Ma dell'ottava rima, del contrasto, dei maggianti e del Cantar Maggio vi racconto un'altra volta...

"Siam venuti a cantar Maggio... "