sabato 14 marzo 2020

Il cinematografo



Nel paese c'era una Società di Mutuo soccorso che, dopo la seconda guerra mondiale divenne una Pubblica Assistenza. La maggioranza degli uomini del paese lavorava alle cave di marmo, vicine al paese ma sempre a un'ora e mezzo di cammino a piedi. E avevano costruito, con sacrifici, lo stabile dove anche oggi ha sede quella società. 


Al primo piano c'era un grande salone, con, a un estremo, un palcoscenico in legno e all'altro una piccola cabina di proiezione messa su negli anni cinquanta. Quindi i salone aveva più funzioni, sala da ballo, teatro (in paese c'era una piccola filodrammatica), cinema, ma veniva utilizzato anche per i pranzi di matrimonio paesani.


Al piano terra, un circolo operaio con il bar e una sala di musica dove la filarmonica del paese faceva le prove. C'erano un ambulatorio, dove il medico condotto arrivava dalla città una volta alla settimana.


Non molti avevano l'auto o la tv e quindi la vita sociale nel fine settimana era confinata nei bar per molti uomini in interminabili partite a briscola o tressette o in casa dove le donne, a volte,  si ritrovavano per chiaccherare mentre sferruzzavano o ricamavano.

Il cinema non funzionava più da qualche anno perchè quello che veniva, dalla città, a fare le proiezioni con la sua attrezzatura e le pellicole era morto nel tentativo, vano, di dimostrare che si può volare dal terzo piano, senza conseguenze, inseguiti da un marito tradito.

Mi ricordo che verso la metà degli anni sessanta riprese la tradizione del film al sabato sera nel grande salone al primo piano. Il lunedì veniva appeso ella bacheca sulla piazza, il manifesto del film in programmazione e l'ingresso era gratuito.

Il sabato, verso le 20 e 30 la piazza si animava di persone ognuno con una sedia in mano perchè il salone, anche per esigenze di spazio per il ballo aveva poche panche a disposizione lungo il muro.

Quindi si entrava e le persone si disponevano come una vera platea. Stessa cosa quando la filodrammatica paesana metteva in scena qualche commedia. Quando c'era il ballo le sedie non servivano.

Mentre nella cabina di proiezioni il nuovo tecnico, un ometto alto come Brunetta, con degli occhiali a culo di bottiglia si preparava alla proiezione del film, che di solito non erano certamente prime visioni, la sala era una bolgia dantesca.

Chi cercava di sistemarsi nella maniera migliore, chi si era portato da casa anche un fiasco di vino e castagne arrosto, chi aveva noccioline americane comprate nel bar di sotto, chi si salutava con pacche sulle spalle e, nel fondo della sala i giovanotti appoggiati al muro scambiavano sguardi  fiammeggianti e carichi di ormoni con le poche giovinette presenti.

A un certo punto il tecnico urlava: "Si parte!!" e a me veniva in mente l'Omino di burro di Pinocchio che li porta in carozza nel Paese dei Balocchi.

E in fondo tutte quelle persone, giovani, anziani, vecchi per un paio d'ore sarebbero state trasportate in un mondo immaginario e fantastico.

Si spengevano le luci e calava il silenzio e  sul grande telo bianco iniziava il viaggio fantastico.

Un volta il film del sabato era per un Pugno di dollari che era uscito già da un paio di anni nelle sale della città.

Qualche giovanotto lo aveva già visto in città e ne parlava benissimo. D'altronde ai cowboy e indiani avevamo giocato tutti così come in quegli anni Tex Willer era uno dei fumetti più comprati e letti. 

E magari i più anziani si ricordavano delle storie di Tom Mix. Quindi il genere western era molto apprezzato.

Quel sabato c'era il pienone, tutti in attesa di godere lo spettacolo di cavalcate nel tramonto delle lande desolate del Far west e duelli a colpi di pistola. 

Parte la proiezione e la pellicola mostra dei segni di usura, graffi qualche macchia bianca che si sposta come un Ufo sullo sfondo del telo, qualche salto del sonoro.

A un certo punto nel bel mezzo della scena in cui Clint Eastwood dice a Gian Maria Volontè "Al cuore Ramon, al cuore!" la pellicola si spezza e nel buio della sala si sente, all'unisono un "Noooooo!!!".

L'Omino di burro riaccende le luci e dalla ferritoia dell a cabina di proiezione urla: "State tranquilli, si riparteeee!"

Mormorio generale e dopo un tempo infinito, tanto che un paio di spettatori avevano iniziato a giocare a morra "Sette! Due! Quattro!", si spengono le luci e il film riprende dal punto in cui Ramon è morto.

Il pubblico si esprime con un mormorio di delusione ma essendo l'ingresso gratuito non si può neanche richiedere il rimborso del biglietto.

Finita la proiezione la gente esce dalla sala portandosi ognuno la propria sedia, i ragazzini saltano da una parte all'altra della piazza imitando le sparatorie del film e il brusio lentamente sfuma mentre le persone rientrano in casa.

Nella piazza deserta l'Omino di burro carica sul'Ape il macchinario e parte con rumore di ferraglia. 

E' quasi passata la mezzanotte, i bar sono chiusi e sulla piazza è rimasto solo Shangai, il campanaro e becchino del paese.

Passa un cane e Shangai si alza dalla panchina, si mette a gambe larghe davanti al cane, , le  mani sui fianchi,  lo guarda e si tira su la giacca, e dice: "Quando un omo con la pistola incontra un cane con la coda il fucile è morto!"

Il cane lo guarda, lo annusa, alza la zampa e effettua la sua minzione sullo scarpone di Shangai. 

Poi lentamente il cane, ballonzolando soddisfatto, scompare nel buio.

La prossima piccola storia sarà dedicata a Shangai.