venerdì 20 marzo 2020

A ognuno la sua croce


Due delle tradizioni paesane più sentite erano il presepe vivente e la rievocazione della Via Crucis. Nella settimana che precedeva la Pasqua il paese veniva addobbato con dei festoni e ad ogni finestra posizionati dei lumini ad olio.

La piccola chiesa tirata a lucido e sopra il paese, visibile anche dalla valle, venivano montate le tre croci del Calvario illuminate da lampade alimentate da batterie d'auto. 

La Via Crucis iniziava poco fuori dal paese, poi il corte si incamminava fermandosi ad ogni stazione prima dell'arrivo davanti alla chiesa in piazza. Ad assistervi tutto il paese e qualche turista venuto dalla valle.

Quell'anno nelle vesti di Gesù c'era Fortunato, un giovanotto che faceva il fabbro con una gran barba rossiccia, Pilato era Sandrino il barbiere del paese con la sua caratteristica pelata, la Madonna era Adelina, la moglie del fornaio.

Poi c'erano altri abitanti del paese a fare i figuranti, chi vestito da popolo di Gerusalemme, chi da soldato romano.  

Ognuno si era fatto il proprio vestito su indicazioni della maestra delle elementari e lo conservava anno dopo anno nell'armadio di casa.

Quattro erano i soldati romani nella rappresentazione  paesana. 

Vestiti di rosso, con calzari rimediati, un incrocio tra le ciocie degli zampognari e le ghette di Zio Paperone.

Sopra la tunica, una specie di armatura in latta forgiata a colpi di martello da Fortunato. Le spade erano di legno colorato d'argento fatte dal falegname del paese più simili a Excalibur che a daghe romane.

Sulla capoccia dei quattro legionari degli elmi arrangiati verniciati d'oro. Due erano elmetti dell'esercito americano e due tedeschi visto che da qui passava la linea Gotica) sui quali erano fissate delle scope di saggina colorate di bianco.

L'insieme di elmo, armatura e spada, nei vecchi paesani incuteva timore ( forse per via degli elmetti militari che gli ricordavano la guerra), ma nei ragazzini stimolava lo sberleffo. 

La sera del Venerdì Santo tutto era pronto per la rappresentazione. Le luci pubbliche erano rigorosamente spente. Le luci dei lumini illuminavano debolmente le viuzze del paese.

Gesù, il nostro Fortunato di nome ma in quel caso non di fatto, una corona di giunchi intrecciata (gli avevano risparmiato i rovi...) con un lenzuolo bianco avvolto in vita e una tunica rossa sopra le spalle è davanti a Pilato per la sentenza di condanna.

Pilato, al secolo Sandrino, è tutto preso dalla parte. Il sudore fa luccicare la pelata, attorno alla testa una corona di alloro. Pilato/Sandrino in piedi braccia sui fianchi con voce stridula pronunica la sentenza : " Ti condanno a morte per crucifissione!". 

Dal fondo del lungo corteo si sente una voce: "O Sandrino, già che ci sei fagli anche capelli e barba !!". 
Mormorio di disapprovazione poi Fortunato/Gesù viene caricato della croce. 

Non una croce leggera di polistirolo o balsa. Ma una solida croce di travi di castagno pesantissima. Ma il Nazareno non fa una piega e parte per affrontare il suo destino.

La rappresentazione va avanti per tutte le stazioni, con preghiere e canti religiosi e finalmente arriva in piazza dove si procede alla crocefissione.

Gesù/Fortunato viene adagiato sulla croce, legato con corde robuste, e finti chiodi, i piedi poggiati su un piccolo supporto.

La croce viene alzata da una decina di uomini robusti, infilandola in una buca fatta giorni prima e tirando corde e "alla voce": "Oh issa... tiraaa!! ... oh issa!!".

Traballando la croce va in posizione, viene fermata con grossi cunei di legno e per sicurezza da due corde ai lati.

Su in alto, sul monte, il calvario è illuminato. Nella piazza le persone si sono disposte davanti alla croce con le candele in mano che illuminano il Cristo in croce.

Ai lati i quattro legionari romani a spada sguainata sembrano volere impedire l'assalto a un invisibile esercito nemico.

Un ultima preghiera e poi tutti aspettano l'ultimo atto della vita di Gesù/Fortunato.

Fortunato, preso nella parte, invoca il padre celeste e alzando il volto, sporco di sugo di pomodoro per simulare il sangue, guarda i paesani e con un ultimo sospiro e voce stentorea dice: "Addio!" poggiando il capo sul petto.

Portano scale e sciolgono lentamente il Gesù/Fortunato, cercando di non farlo cadere. Finita la complicata operazione, vista la mole del "cadavere", lo depongono su una specie di barella.

Gesù/Fortunato viene coperto con un lenzuolo, come se fosse nel sepolcro. 

A quel punto la Via Crucis è terminata, ultimo canto e  i paesani tornano verso casa mischiati ai figuranti mentre i piccoli lumi ad olio piano piano si spengono nella notte.


***

"Ad ognuno la sua croce" vuole anche dire che non bisogna invidiare chi apparentemente sta meglio di noi, perché anche lui ha una croce da portare (un fardello) che, in alcuni casi è evidente, mentre in altri no, per vergogna o pudore.