domenica 1 marzo 2020

Una vita


Molti anni fa sono tornato a vivere in montagna recuperando quello che era un rustico con un pò di terra coltivabile di proprietà dei miei nonni. Una casa con solidi muri in pietra, composto di 4 stanze, due a pianterreno e due al primo piano, di circa 60 mq totali. 

Prima questo rudere era adibito a stalla, al pianoterra le stalle per il bestiame, pecore e vacche e al primo piano il fienile e la rimessa degli attrezzi. La casa ha una finestra per ogni stanza, tutte e quattro rivolte a sud e una verso nord. 

Le stanze al pianterreno sono diventate la cucina e un piccolo soggiorno dove c'è un camino. Al primo piano due camere da letto. Il riscaldamento è affidato a una stufa a legna sul pianerottolo della scala di legno e a due pannelli radianti elettrici a basso consumo.

In cucina, oltre a un'altra stufa a legna, quelle con cui si cucinava una volta, ho un piano a induzione. Niente metano e niente gpl qui. 

Tornare qui mi ha fatto riscoprire abitudini e comportamenti che erano dei miei nonni e dei loro coetanei. Mi ha fatto capire cosa è necessario e cosa è superfluo. 

Non ho l'auto, non ho la tv. Abito sopra un piccolo paese di 400 abitanti , mi sposto a piedi, se devo scendere nella "città" con un passaggio da uno dei paesani che ricompenso con qualche prodotto della mia terra. 

Coltivo l'orto per necessità personale con verdure, patate, mais ecc. E faccio conserve, passate . Faccio legna nel bosco per i lunghi inverni. L'acqua proviene da una sorgente privata, con un deposito costruito negli anni sessanta e controllata regolarmente. 

Quindi l'unica fonte di energia che pago è l'elettricità. Nella mia proprietà, di circa 4.000 mq destinata alla coltivazione ci sono anche piante di vario tipo, da frutto ( pesche, albicocche, susine, pere, mele) poi noci e ciliegi. 

Sono circondato dal bosco in cui vivono cinghiali, daini, caprioli, istrici, tassi e volpi. Otre a volatili come poiane, gheppi, merli, ghiandaie, corvi, pettirossi e passeri. Il bosco è a maggioranza composto da lecci, querce e frassini, ontani. 

Non ho l'orologio al polso, mai avuto. Ma da quando sono qui ho sviluppato il senso di riconoscere il tempo, il mio corpo è diventato un orologio. L'intensità della luce quando è nuvoloso, le ombre quando c'è il sole. 

Pranzo alle 12 e ceno alle 19 come facevano i miei nonni. Riconosco il divenire delle stagioni, nonostante i cambiamenti climatici, dalla natura che mi circonda.

L'unica "modernità" che possiedo sono uno smartphone e un computer portatile con un collegamento via parabola. 

Il tempo qui ha una dimensione diversa dal vivere in una comunità più grande sia essa un paese o una città. Inoltre si riconoscono gli odori e i profumi della natura e dei suoi animali, e il silenzio della notte è interrotto solo dal canto del gufo o del barbagianni.

I contatti umani qui sono rari qui da me, solo il fine settimana ci sono persone che imboccano i due sentieri che partono da qui per salire sulle Apuane. Il saluto è d'obbligo quando ci si incontra. Per educazione, per condivisone dei luoghi e del rispetto della natura.

Ovviamente ho contatti con i paesani quando scendo per comprare qualche piccola cosa indispensabile, olio, sale e poco altro. Ogni settimana il pane, focaccia biscotti, dolci, è opera di una mia vicina che ha il forno a legna e io fornisco la legna. 

Ogni anno allevo un maiale così come facevano una volta. Quindi carne, salsicce, lardo ecc. Ho qualche gallina che mi fornisce uova, non ho conigli. Il formaggio lo prendo da un pastore che ha un bel gregge di 120 tra capre e pecore e a volte riesco anche a prenderci la ricotta.

Ritornare qui è stata la mia liberazione da catene invisibili. Ho ritrovato il mio tempo, non sono schiavo dei ritmi imposti da una società malata. Ho solo il compito di fare cose che mi servono per vivere, coltivare, fare legna, accudire gli animali.

Ho una cavalla con cui divido albe e tramonti dividono la casa con me due cani e tre gatti. A volte nel silenzio sento questi muri parlare, la voce dei nonni, il muggito delle vacche, il belare degli agnellini.

E ritrovo la serenità di quando da piccolo mi addormentavo sul fieno cullato da una filastrocca che recitava mia nonna :  

"Vedo la luna, vedo le stelle, vedo Caino che fa le frittelle, vedo la tavola apparecchiata, ecco Caino che fa la frittata..."