giovedì 26 marzo 2020

Sempre ...


Mia madre era nata nel marzo del 1932. Si chiamava Giulia, come suo nonno. Ma tutti la chiamavano Giulietta. Da giovane aveva imparato a ricamare e cucire vestiti. Aveva una bella voce e cantava nel coro della chiesa.

Aveva i capelli castani con dei riflessi ramati, lunghi sulle spalle, occhi castani, un bel volto e un fisico snello. Fin da ragazza aveva dimostrato un carattere indipendente.

Si sposò dopo qualche anno di fidanzamento con mio padre nel 1954. Come tradizione del tempo il pranzo nuziale veniva fatto nel salone della Pubblica Assistenza del paese. 

Molte donne del paese davano la disponibilità a preparare il pranzo, sapendo che la stessa disponibilità sarebbe stata ricambiata dalle famiglie dei festeggiati.

Le foto di quel pranzo ritraggono persone che ho conosciuto, e che oggi non ci sono più. Volti sorridenti, abbracci, brindisi, foto di gruppo.

Andarono ad abitare in una casa di tre stanze, con il bagno esterno, rimessa a nuovo da mio padre. Si cuciva i vestiti da sola con i cartamodelli di Burda. Dipingeva acquarelli.

Nel 1958 sono nato io, figlio unico. Lei continuava a cucire vestiti e iniziò a fare la parrucchiera dove aver fatto un corso nella cittadina.

Mio padre lavorava alle cave e, all'epoca, lavoravano a turni, anche di notte. 

Mia madre prese la patente, la prima donna del nostro comune e la terza della provincia. Mio padre non l'ha mai avuta.

Era così, voleva essere libera delle sue scelte, senza compromessi. e in questo gli assomiglio molto oltre che nel volto.

Comprò un'auto, una seicento di seconda mano, quella con li sportelli a vento, per chi se li ricorda. L'auto gli serviva perché andava negli altri paesi a giorni stabiliti a fare la parrucchiera.

Negli altri quattro paesi aveva trovato una stanza e lì portava, con la macchina la sua attrezzatura, un curioso bidone che serviva per lavare i capelli, il casco per asciugarli, forbici, pettini e spazzole.

Una volta andò a fare un concorso a Lucca. 
Dovevano acconciare, a loro gusto, una modella ( in quell'occasione era sua cugina) e  farla giudicare da una giuria.

Arrivò seconda su una cinquantina di parrucchiere. Ed era orgogliosa della medaglia e dell'attestato che gli avevano dato.

Iniziò a fumare quando io andavo alle medie. Non fumava molto, 3/4 sigarette al giorno, Muratti. Ma lo faceva sempre fuori casa, all'aperto, quando aveva finito di fare permanenti. 

Si sedeva su una sedia, e si rilassava e cantava. Amava cantare, Gabriella Ferri era la sua preferita.

Nel marzo del 1978 iniziò ad avere dei dolori fortissimi all'addome. Poi prendeva un Optalidon e diceva che gli era passato. Mio padre insisteva per andare a farsi delle analisi e capire da cosa dipendessero.

Con il 127 che aveva preso dopo la seicento andarono dal medico curante poi in ospedale.

Dopo qualche giorno il medico chiamò mio padre e gli disse che c'era l'alta possibilità che mia madre avesse un tumore all'utero.

Lei era in un altro paese e sarebbe tornata tra poco. Mio padre era innamoratissimo di lei, era la sua vita. Crollò sul divano del salotto, mi chiamò. 

Con il medico avevano deciso di non dirle, per il momento nulla. Mi chiese cosa pensavo. Non mi ricordo cosa dissi ma mi ricordo che piangevo.

Mio padre mi disse: " Non piangere, la mamma starà bene, vedrai, devi essere forte, per te, per me ma sopratutto per lei".

Dopo qualche settimana gli esami confermarono la diagnosi, A lei i dottori dell'ospedale dissero che aveva un fibroma e che doveva essere operata.

In silenzio tornammo a casa, tutti e tre. Scesi dall'auto mio padre la prese sottobraccio e lei mi prese la mano. Sempre in silenzio andammo a casa.

La operarono a settembre del 1978. Il primario parlò con me e mio padre e ci disse che loro avevano provato a togliere tutto, che il tumore era in metastasi e che non c'era molto da fare o sperare. 

Non fu brusco ma ci disse con umanità quello che era la situazione e quello che sarebbe stato l'esito.

Allora non era come oggi. Il cancro non aveva ancora tutte le strutture e le pratiche mediche che oggi ci sono. 

L'unica cosa che si poteva fare era andare a Milano, all'avanguardia all'epoca nelle cure del cancro per l'Italia, per provare con la chemioterapia. 

Ci spiegò le procedure e le conseguenze della chemio. Devastanti. 

Disse che secondo lui non ne avrebbe tratto giovamento vista la metastasi e che mia madre avrebbe potuto andare avanti, così, per tre mesi come un anno, ma non di più.

Mio padre decise di non farle fare la chemio. Mi chiese se ero d'accordo. Gli risposi che quello che lui decideva per il bene della mamma io l'avrei sempre condiviso.

Dimessa dall'ospedale riprese una vita quasi normale. Non andava più nei paese ma venivano tutte le sue clienti nel nostro paese, dove aveva una stanza a pianterreno, in un altra casa.

Si erano sposati a gennaio. E sarebbero state le nozze d'argento. Organizzai tutto,  pranzo al ristorante, inviti, torta.

Lei si preparò con cura, si spazzolò i capelli come faceva ogni giorno della sua vita. Un leggero trucco poi mio padre gli diede in bouquet di rose bianche che a lei piacevano molto e andammo in chiesa. Poi al ristorante a festeggiare con parenti e amici.

Verso la fine di febbraio iniziò a sentirsi sempre più debole, a dimagrire, e i dolori, nonostante le medicine che prendeva erano insopportabili.

A metà di marzo fu ricoverata in ospedale, in una stanza a pagamento. Mio padre rimase con lei, notte e giorno.

Gli ultimi giorni la guardavo, con i capelli che quando si spazzolava rimanevano attaccati alla spazzola, con la testa appoggiata ai cuscini rialzati, le mani, con la fede e l'anello di fidanzamento.

Gli occhi chiusi, il respiro pesante. Poi a volte, li apriva piano, cercava quelli di mio padre e i miei. E mi sorrideva debolmente. Era come una piccola candela che finisce, con la fiammella che debolmente rischiara la stanza.

Dormivo da mia cugina, suona il telefono. Erano le 5 e mezzo di mattina del 7 giugno 1979. Al telefono mio padre: "La mamma si è addormentata per sempre, vieni"

La sera prima non apriva più gli occhi, emaciata, respiro affannoso, gli avevo preso la mano e lei me l'aveva stretta forte.


Oggi è il 25 marzo, la data del tuo compleanno.
Auguri mamma sei qui, con me.
Sempre...

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Ognuno ha tanta storia

tante facce nella memoria
tanto di tutto, tanto di gnente
le parole di tanta gente.

Mia madre Giuietta, a destra con la maglia scura
Nella foto in alto, nel centro con la chitarra