Il Primo Maggio, per molti paesani e sopratutto per i soci del Circolo Operaio, il Cro, era la festa più attesa. Era la giornata in cui si festeggiava dalla mattina alla sera con corteo e poi ballo in piazza e vino a volontà.
Nei giorno precedenti alla festa il Cro diventava la base dell'organizzazione della sfilata, la mattina, e degli eventi del pomeriggio.
Il bar del Cro affacciava sulla piazza del paese e dirimpetto c'era il Circolo Enal, zone franche erano la chiesa e il barbiere, Sandrino, anarchico.
Quasi ogni giorno, tra i due circoli, erano sfottò a distanza. "Come sta Baffone?" urlavano dal circolo "democristiano"... "Bene, è n'omo d'acciaio, un è mia fatto con la cera delle candele della vostra chiesa!" rispondevano dal Circolo rosso.
Quasi ogni giorno, tra i due circoli, erano sfottò a distanza. "Come sta Baffone?" urlavano dal circolo "democristiano"... "Bene, è n'omo d'acciaio, un è mia fatto con la cera delle candele della vostra chiesa!" rispondevano dal Circolo rosso.
Il paese, era diviso quasi equamente tra democristiani e pochi liberali da una parte e comunisti e qualche socialista dall'altra.
Quel Primo Maggio del 1953 è rimasto nella memoria dei paesani per decenni. Il clima era già caldo perchè a giugno di quell'anno si sarebbero tenute le elezioni politiche dopo quelle del 1948.
Sotto la guida di Tarcisio, che aveva fatto il partigiano ed era il presidente della Casa del Popolo e del Cro i soci, qualche settimana prima della festa, decisero di realizzare una specie di carro allegorico da far partire da poco fuori il paese e arrivare in piazza.
Presero un carretto con le ruote di legno che doveva essere trainato da un paio di bovi. Rivestirono le sponde con dei teli rossi. Il fabbro del paese aveva fatto, in ferro, un telaio che raffigurava una falce e martello e anche questo fu rivestito di stoffa rossa.
La fissarono al centro del carretto poi sui lati misero delle aste con le bandiere rosse. Intanto nella piazza, davanti al Cro stavano montando un palchetto dove si sarebbe tenuto il comizio di chiusura del corte e il pomeriggio la piccola orchestra.
L'orchestrina era composta da paesani che suonavano anche nella filarmonica paesana. Gugliè (Guglielmo) suonava il violino, Ademaro la fisarmonica, Ovidio la tromba, Michè il bombardino e Geppone la grancassa con i piatti legati sopra.
Avevano tirato dei fili con le bandierine di carta, ovviamente rosse, dal campanile ai tetti del Cro, dopo aver chiesto il permesso al parroco che per evitare discussioni aveva detto di si.
Dall'altra parte della piazza dal bar "democristiano" seguivano i lavori in corso commentando con sarcasmo le imprese dei "comunisti".
"O Compagni avete fatto un piano quinquennale per fare quel ciospo di carretto?"... Dall'altra parte si continuava a lavorare in silenzio perchè Tarcisio aveva detto di non rispondere a quei provocatori dei "democristi".
Finalmente arrivò il giorno della festa. La partenza era a qualche centinaio di metri dalla piazza dal paese. Volevano fare un ingresso trionfale alla faccia dei "democristiani" che si erano già tutti posizionati davanti al loro Circolo pronti a sbeffeggiare i "rossi".
La mattina presto portarono i due bovi da attaccare al carretto. Gli misero il giogo, le donne avevano preparato delle corone di fiori con dei fiocchi rossi e le misero al collo dei bovi.
Il carretto con al centro la falce e il martello era una macchia rossa con il bianco dei bovi e l'insieme non era proprio così male. "Fa la su porca fegura" disse Tarcisio guardandolo.
Tutti i soci, donne e uomini, con i vestiti della festa avevano un fazzoletto rosso annodato al collo. Verso le 10 arrivò la filarmonica e si iniziò a formare il corteo.
Davanti Tarcisio con una fascia rossa legata alla vita, il fazzoletto al collo e una grande bandiera rossa con la falce e il martello su un'asta di legno.
Dietro di lui i figlioli dei soci del Cro anche loro con fazzoletti rossi al collo e mazzi di fiori di campo nelle mani in file ordinate.
Poi il carro con la falce e martello trainato dai bovi e il loro padrone la banda e, a chiudere, dietro tutti i soci, rigorosamente in file ordinate, quasi militaresche con le bandiere rosse impugnate e dietro la banda.
Alle 10 e mezzo il corteo, ordinato e silenzioso aspettava il segnale di Tarcisio per partire alla volta della piazza. Tarcisio, che era un omone con due mani come pale si leva il cappello, guarda indietro poi lo sventola in aria e urla " Avanti popolo! Alla riscossa!" e si rimette il cappello.
A quel segnale la banda inizia a suonare Bandiera Rossa e Tarcisio tenendo in alto la bandiera inizia a marciare. I soci in fondo al corteo iniziano a cantare sulle note della banda mentre i buoi non sentono ragioni e rimangono fermi nonostante gli incitamenti del bovaro.
"Oh su, pigia... daiii!!" Nulla da fare i bovi immobili. "Sono bovi democristiani - disse qualcuno dei soci - lo vedi come sono bianchi?".
Tarcisio, mento alzato e sventolando la bandiera che aveva già fatto, insieme ai ragazzini, qualche decina di metri in avanti insieme ai ragazzini.
Uno dei soci corre e lo tira per la fascia "Tarcì, fermiti! I bovi un partino!". Tarciso torna indietro e tira due pacche sul culo dei bovi. "Sete peggio di Fanfani e De Gasperi! Avanti movetivi o vigliacchi!" E riassesta due pacche vigoroso sul culo dei due poveri bovi che a quel punto partono lentamente.
Tarcisio riprende la testa del croteo e finalmente si incamminano tutti verso la piazza.
Intanto Michele un ragazzino figlio di Manrico, il "capo" dei democristiani, era stato mandato come vedetta a guardare il corteo e a riferire. Arriva tutto trafelato sulla piazza "Sono partiti!"... "Ritorna là e vedi che fanno" gli dice su pà. Michele riparte.
Un paio di soci del Cro, Leonello e Alfieri, avevano preso un pò di polvere nera dalle cave per fare i mortaretti. Su un poggio prima dell'entrata nel paese avevano sistemato dei grossi tubi di ferro interrati zeppati di polvere nera e con la miccia.
Attendevano, quando il corteo sarebbe spuntato dall'ultima curva prima della piazza, il segnale di Tarcisio, il cappello sventolato in aria, per dare fuoco alle polveri.
Vedono spuntare la bandiera rossa tenuta in alto da Tarcisio che si leva il cappello e lo sventola. A quel punto accendono le micce e si riparano dietro un castagno. Propio quando il corteo passa sotto di loro partono i mortaretti.
Pochi sapevano dei mortaretti, solo Tarcisio e i due fuochisti e allo scoppio tutti hanno un soprassalto, il corteo ondeggia, mentre la banda che ora suona l'Internazionale perde qualche nota.
"Bum! bum!" colpi come cannonate mentre vola terriccio da tutte le parti. "Hai esagerato con la polvere nera!" dice Leonello a Alfieri... "No sei te che ce n'hai messa troppa nel tubo!"
Intanto il fragore mette in agitazione i bovi che iniziano a dimenarsi e ad espletare funzioni corporali con deiezioni gigantesche che si sfrittellano sulla massicciata della mulattiera.
Il corteo avanza mentre i musicisti affondano nella merda dei bovi tentando di mantenere la formazione. A quel punto il maestro della banda tenta, disperatamente di mantenere il controllo degli ottoni e della parte ritmica con poco successo.
"Ma che gli dai da mangiare?" chiede qualcuno al bovaro. "Da quant'è che un cacavino? Da Natale?" dice un altro viste le dimensioni delle ciotte...
Michele la piccola staffetta democristiana torna sulla piazza e aggiorna sulla situazione. I democristiani che già si stavano domandando cosa era successo avendo sentito quegli scoppi si mettono a ridere a crepapelle.
Nonostante l'imprevisto il corteo riprende la lunga marcia... tra scarpe e scarponi inzaccherati dai regalini dei bovi e un odore inconfondibile che lo precede e lo segue.
Poco prima di entrare in piazza la banda intona l'Inno dei Lavoratori. Tarcisio guarda con aria di sfida tutti i democristiani schierati davanti al loro bar e poi monta sul palchetto. I bambini si posizionano davanti.
Il carretto viene portato nel centro della piazza e finalmente i poveri bovi vengono liberati e riportati nella stalla.
La banda si schiera di fianco e la piazza si riempie del resto del corteo.
Le ultime note dell'Inno lasciano il posto a un attimo di silenzio mentre l'afrore bovino riempie la piazza. Tarcisio inizia il comizio "Compagne e compagni! Oggi siamo qui per festeggiare..."
Non finisce la frase che dalle parti dei democristiani parte qualche fischio e qualcuno urla "Puzzate come la merda!". Tarcisio salta dal palco e facendosi largo arriva davanti a Manrico.
"Che hai detto" gli dice avvicinandosi al viso di Manrico, che come lui era un omone. "Io? nulla, perchè hai sentito qualcosa?"... Tarcisio si leva il cappello... e Manrico continua "Un avrai mia mangiato i fagioli ieri sera? Perchè ho sentito dei botti prim..." Il cazzotto di Tarcisio arriva come il diretto Roma-Milano sul naso di Manrico.
A quel punto fu il finimondo. La parte rossa assalta i bianchi, la banda fugge agli ordini del maestro e si rinchiude dentro la sala delle prove, le donne prendono i ragazzini e fuggono dalla piazza.
Aste usate come manganelli, sedie che volano, una colossale scazzottata riempie la piazza dove si sentono urla e bestemmie.
"Ho preso a calci nel culo i nazisti e di voi un'ho paura!" urla Tarcisio nel mezzo della piazza con un democristiano tenuto sotto il braccio e prendendo a cazzotti e calci i primi che gli passano a tiro.
Il parroco che era in canonica a legger il breviario allertato da Cenere il sagrestano apre la porta della chiesa e vede una scena dantesca. "Figlioli!! Figlioli" Smettetela per amor di Dio!" un vaso di ortensie arriva nella sua direzione e lui lo schiva di poco.
A quel punto chiude la porta della chiesa. Cenere lo guarda interdetto..."Dai a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio!" e torna in canonica a leggere lasciando lì il povero Cenere a cercare di capire cosa aveva detto.
La violenta tenzone andò avanti per un'oretta, lasciando sul campo teste spaccate, denti, dentiere, scarpe spaiate giacche strappate e fu interrotta solo quando si sentì una raffica di mitra.
Tutti si fermarono con aria interrogativa. Alla raffica anche il parroco era ritornato pregando che non si fosse andati oltre qualche occhio nero.
Nel silenzio si sentì la voce di Gabriello, un vecchio del paese che era stato deportato in Germania nel campo di concentramento di Flossenbürg dove i prigionieri venivano impiegati nelle fabbriche della Messerschmitt.
"Tutti fermi!!" urlò. Era ritto in piedi sul tetto del Cro, e impugnava un mitra americano M1 "Ora ho sparato in aria ma il primo che dice baì lo stendo come un cencio al sole!"
Sapevano che era capace di farlo...
"Mi meraviglio di te, Tarcisio! Hai combattuto per riportare la libertà e oggi sei diventato una bestia come chi te l'aveva levata? E te Manrico? Non hai vergogna? Tu pà era un fascista della peggior specie eppure oggi te sei qui, vivo."
"E voialtri, tutti, che vi passa per il cervello? Siamo un paese che ha avuto i su morti e così gli portate rispetto?"
La piazza era in silenzio...nessuno fiatava, nessuno muoveva un dito.
"Andate in cava a lavorare per portare un pezzo di pane a casa a rischio della vostra vita e oggi che deve essere una giornata di festa per tutti la infangate con questi giochetti da bimbetti malcresciuti?"
"Ora datevi la mano e chiedetevi scusa e dopo rimettete a posto tutto, io vi guardo da quassù e ho il colpo in canna..." E si sedette sui tegoli con il mitra tra le gambe.
Si guardarono, si scossero la polvere dagli abiti poi piano piano iniziarono a mettere a posto le sedie, i vasi dei fiori, tirarono su insieme il carretto che avevano rovesciato, con la falce e martello mezza storta, e verso mezzogiorno avevano ripulito la piazza.
Gabriello tirò un paio di boccate al toscano, si alzò e disse "Ora scendo, voglio vedervi negli occhi"
Scese dal tetto dall'abbaino, spuntò dalla porta del Cro sempre con il mitra a tracolla.
Le due fazioni si erano rimesse nelle loro zone, i democristiani davanti al Circolo Enal, i comunisti davanti al Cro.
Gabriello era ritto nel mezzo della piazza. Chiamò i due "capi". "Tarcisio, Manrico, venite qui."... si avvicinarono a lui. Manrico teneva il fazzoletto insanguinato sul naso, Tarcisio aveva un dente di meno...
"Ora giurate davanti a me e a questo prete" e prese il povero parroco per la collottola mettendoselo accanto.
"Continuerete a fare ognuno la propria propaganda ma con rispetto degli altri, nessuna violenza, Giuratelo! Porca Ma..." poi si trattenne pensando al parroco..."Scusi Pievano..." il povero prete si era già fatto sei volte il segno della croce..
Tarcisio e Manrico erano davanti a lui con gli occhi bassi. "Datevi la mano da omini e dite lo giuro!"
Tutti e due si guardarono, e si strinsero la mano e quasi all'unisono dissero "Lo giuro".
Gabriello li guardò, poi gli diede tirò un ceffone per uno "E ora chiamate l'orchestra e che la festa sia festa!" La piazza a quel punto scoppio in un applauso in cui si scioglieva tutta la paura e la tensione accumulata in quella mattina particolare.
Gabriello tornò verso casa sua, tra due ali di paesani, con il sigaro tra le labbra. "Bravo Gabriello" gli dicevano senza toccarlo, "Bravo, grazie".
Riportata la calma iniziò la festa, le griglie del Cro si riempirono di salsicce e rosticciane, le damigiane del Circolo Enal finivano una dietro l'altra e anche i ragazzini e le donne erano tornate in piazza.
L'orchestrina iniziò a suonare e la gente a ballare e, per non far torto a nessuno, iniziarono con Papaveri e papere.
Almeno per quel pomeriggio la politica lasciò il posto a un sentimento di fratellanza e di appartenenza a una comunità e finì con Tarcisio e Manrico che, ubriachi e abbracciati, cantavano "Mamma son tanto felice..."
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"A proposito di politica, ci sarebbe qualche cosarellina da mangiare?"
Antonio de Curtis in arte Totò
La fissarono al centro del carretto poi sui lati misero delle aste con le bandiere rosse. Intanto nella piazza, davanti al Cro stavano montando un palchetto dove si sarebbe tenuto il comizio di chiusura del corte e il pomeriggio la piccola orchestra.
L'orchestrina era composta da paesani che suonavano anche nella filarmonica paesana. Gugliè (Guglielmo) suonava il violino, Ademaro la fisarmonica, Ovidio la tromba, Michè il bombardino e Geppone la grancassa con i piatti legati sopra.
Avevano tirato dei fili con le bandierine di carta, ovviamente rosse, dal campanile ai tetti del Cro, dopo aver chiesto il permesso al parroco che per evitare discussioni aveva detto di si.
Dall'altra parte della piazza dal bar "democristiano" seguivano i lavori in corso commentando con sarcasmo le imprese dei "comunisti".
"O Compagni avete fatto un piano quinquennale per fare quel ciospo di carretto?"... Dall'altra parte si continuava a lavorare in silenzio perchè Tarcisio aveva detto di non rispondere a quei provocatori dei "democristi".
Finalmente arrivò il giorno della festa. La partenza era a qualche centinaio di metri dalla piazza dal paese. Volevano fare un ingresso trionfale alla faccia dei "democristiani" che si erano già tutti posizionati davanti al loro Circolo pronti a sbeffeggiare i "rossi".
La mattina presto portarono i due bovi da attaccare al carretto. Gli misero il giogo, le donne avevano preparato delle corone di fiori con dei fiocchi rossi e le misero al collo dei bovi.
Il carretto con al centro la falce e il martello era una macchia rossa con il bianco dei bovi e l'insieme non era proprio così male. "Fa la su porca fegura" disse Tarcisio guardandolo.
Tutti i soci, donne e uomini, con i vestiti della festa avevano un fazzoletto rosso annodato al collo. Verso le 10 arrivò la filarmonica e si iniziò a formare il corteo.
Davanti Tarcisio con una fascia rossa legata alla vita, il fazzoletto al collo e una grande bandiera rossa con la falce e il martello su un'asta di legno.
Poi il carro con la falce e martello trainato dai bovi e il loro padrone la banda e, a chiudere, dietro tutti i soci, rigorosamente in file ordinate, quasi militaresche con le bandiere rosse impugnate e dietro la banda.
Alle 10 e mezzo il corteo, ordinato e silenzioso aspettava il segnale di Tarcisio per partire alla volta della piazza. Tarcisio, che era un omone con due mani come pale si leva il cappello, guarda indietro poi lo sventola in aria e urla " Avanti popolo! Alla riscossa!" e si rimette il cappello.
A quel segnale la banda inizia a suonare Bandiera Rossa e Tarcisio tenendo in alto la bandiera inizia a marciare. I soci in fondo al corteo iniziano a cantare sulle note della banda mentre i buoi non sentono ragioni e rimangono fermi nonostante gli incitamenti del bovaro.
"Oh su, pigia... daiii!!" Nulla da fare i bovi immobili. "Sono bovi democristiani - disse qualcuno dei soci - lo vedi come sono bianchi?".
Tarcisio, mento alzato e sventolando la bandiera che aveva già fatto, insieme ai ragazzini, qualche decina di metri in avanti insieme ai ragazzini.
Uno dei soci corre e lo tira per la fascia "Tarcì, fermiti! I bovi un partino!". Tarciso torna indietro e tira due pacche sul culo dei bovi. "Sete peggio di Fanfani e De Gasperi! Avanti movetivi o vigliacchi!" E riassesta due pacche vigoroso sul culo dei due poveri bovi che a quel punto partono lentamente.
Tarcisio riprende la testa del croteo e finalmente si incamminano tutti verso la piazza.
Intanto Michele un ragazzino figlio di Manrico, il "capo" dei democristiani, era stato mandato come vedetta a guardare il corteo e a riferire. Arriva tutto trafelato sulla piazza "Sono partiti!"... "Ritorna là e vedi che fanno" gli dice su pà. Michele riparte.
Un paio di soci del Cro, Leonello e Alfieri, avevano preso un pò di polvere nera dalle cave per fare i mortaretti. Su un poggio prima dell'entrata nel paese avevano sistemato dei grossi tubi di ferro interrati zeppati di polvere nera e con la miccia.
Attendevano, quando il corteo sarebbe spuntato dall'ultima curva prima della piazza, il segnale di Tarcisio, il cappello sventolato in aria, per dare fuoco alle polveri.
Vedono spuntare la bandiera rossa tenuta in alto da Tarcisio che si leva il cappello e lo sventola. A quel punto accendono le micce e si riparano dietro un castagno. Propio quando il corteo passa sotto di loro partono i mortaretti.
Pochi sapevano dei mortaretti, solo Tarcisio e i due fuochisti e allo scoppio tutti hanno un soprassalto, il corteo ondeggia, mentre la banda che ora suona l'Internazionale perde qualche nota.
"Bum! bum!" colpi come cannonate mentre vola terriccio da tutte le parti. "Hai esagerato con la polvere nera!" dice Leonello a Alfieri... "No sei te che ce n'hai messa troppa nel tubo!"
Intanto il fragore mette in agitazione i bovi che iniziano a dimenarsi e ad espletare funzioni corporali con deiezioni gigantesche che si sfrittellano sulla massicciata della mulattiera.
Il corteo avanza mentre i musicisti affondano nella merda dei bovi tentando di mantenere la formazione. A quel punto il maestro della banda tenta, disperatamente di mantenere il controllo degli ottoni e della parte ritmica con poco successo.
"Ma che gli dai da mangiare?" chiede qualcuno al bovaro. "Da quant'è che un cacavino? Da Natale?" dice un altro viste le dimensioni delle ciotte...
Michele la piccola staffetta democristiana torna sulla piazza e aggiorna sulla situazione. I democristiani che già si stavano domandando cosa era successo avendo sentito quegli scoppi si mettono a ridere a crepapelle.
Nonostante l'imprevisto il corteo riprende la lunga marcia... tra scarpe e scarponi inzaccherati dai regalini dei bovi e un odore inconfondibile che lo precede e lo segue.
Poco prima di entrare in piazza la banda intona l'Inno dei Lavoratori. Tarcisio guarda con aria di sfida tutti i democristiani schierati davanti al loro bar e poi monta sul palchetto. I bambini si posizionano davanti.
Il carretto viene portato nel centro della piazza e finalmente i poveri bovi vengono liberati e riportati nella stalla.
La banda si schiera di fianco e la piazza si riempie del resto del corteo.
Le ultime note dell'Inno lasciano il posto a un attimo di silenzio mentre l'afrore bovino riempie la piazza. Tarcisio inizia il comizio "Compagne e compagni! Oggi siamo qui per festeggiare..."
Non finisce la frase che dalle parti dei democristiani parte qualche fischio e qualcuno urla "Puzzate come la merda!". Tarcisio salta dal palco e facendosi largo arriva davanti a Manrico.
"Che hai detto" gli dice avvicinandosi al viso di Manrico, che come lui era un omone. "Io? nulla, perchè hai sentito qualcosa?"... Tarcisio si leva il cappello... e Manrico continua "Un avrai mia mangiato i fagioli ieri sera? Perchè ho sentito dei botti prim..." Il cazzotto di Tarcisio arriva come il diretto Roma-Milano sul naso di Manrico.
A quel punto fu il finimondo. La parte rossa assalta i bianchi, la banda fugge agli ordini del maestro e si rinchiude dentro la sala delle prove, le donne prendono i ragazzini e fuggono dalla piazza.
Aste usate come manganelli, sedie che volano, una colossale scazzottata riempie la piazza dove si sentono urla e bestemmie.
"Ho preso a calci nel culo i nazisti e di voi un'ho paura!" urla Tarcisio nel mezzo della piazza con un democristiano tenuto sotto il braccio e prendendo a cazzotti e calci i primi che gli passano a tiro.
Il parroco che era in canonica a legger il breviario allertato da Cenere il sagrestano apre la porta della chiesa e vede una scena dantesca. "Figlioli!! Figlioli" Smettetela per amor di Dio!" un vaso di ortensie arriva nella sua direzione e lui lo schiva di poco.
A quel punto chiude la porta della chiesa. Cenere lo guarda interdetto..."Dai a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio!" e torna in canonica a leggere lasciando lì il povero Cenere a cercare di capire cosa aveva detto.
La violenta tenzone andò avanti per un'oretta, lasciando sul campo teste spaccate, denti, dentiere, scarpe spaiate giacche strappate e fu interrotta solo quando si sentì una raffica di mitra.
Tutti si fermarono con aria interrogativa. Alla raffica anche il parroco era ritornato pregando che non si fosse andati oltre qualche occhio nero.
Nel silenzio si sentì la voce di Gabriello, un vecchio del paese che era stato deportato in Germania nel campo di concentramento di Flossenbürg dove i prigionieri venivano impiegati nelle fabbriche della Messerschmitt.
"Tutti fermi!!" urlò. Era ritto in piedi sul tetto del Cro, e impugnava un mitra americano M1 "Ora ho sparato in aria ma il primo che dice baì lo stendo come un cencio al sole!"
Sapevano che era capace di farlo...
"Mi meraviglio di te, Tarcisio! Hai combattuto per riportare la libertà e oggi sei diventato una bestia come chi te l'aveva levata? E te Manrico? Non hai vergogna? Tu pà era un fascista della peggior specie eppure oggi te sei qui, vivo."
"E voialtri, tutti, che vi passa per il cervello? Siamo un paese che ha avuto i su morti e così gli portate rispetto?"
La piazza era in silenzio...nessuno fiatava, nessuno muoveva un dito.
"Andate in cava a lavorare per portare un pezzo di pane a casa a rischio della vostra vita e oggi che deve essere una giornata di festa per tutti la infangate con questi giochetti da bimbetti malcresciuti?"
"Ora datevi la mano e chiedetevi scusa e dopo rimettete a posto tutto, io vi guardo da quassù e ho il colpo in canna..." E si sedette sui tegoli con il mitra tra le gambe.
Si guardarono, si scossero la polvere dagli abiti poi piano piano iniziarono a mettere a posto le sedie, i vasi dei fiori, tirarono su insieme il carretto che avevano rovesciato, con la falce e martello mezza storta, e verso mezzogiorno avevano ripulito la piazza.
Gabriello tirò un paio di boccate al toscano, si alzò e disse "Ora scendo, voglio vedervi negli occhi"
Scese dal tetto dall'abbaino, spuntò dalla porta del Cro sempre con il mitra a tracolla.
Le due fazioni si erano rimesse nelle loro zone, i democristiani davanti al Circolo Enal, i comunisti davanti al Cro.
Gabriello era ritto nel mezzo della piazza. Chiamò i due "capi". "Tarcisio, Manrico, venite qui."... si avvicinarono a lui. Manrico teneva il fazzoletto insanguinato sul naso, Tarcisio aveva un dente di meno...
"Ora giurate davanti a me e a questo prete" e prese il povero parroco per la collottola mettendoselo accanto.
"Continuerete a fare ognuno la propria propaganda ma con rispetto degli altri, nessuna violenza, Giuratelo! Porca Ma..." poi si trattenne pensando al parroco..."Scusi Pievano..." il povero prete si era già fatto sei volte il segno della croce..
Tarcisio e Manrico erano davanti a lui con gli occhi bassi. "Datevi la mano da omini e dite lo giuro!"
Tutti e due si guardarono, e si strinsero la mano e quasi all'unisono dissero "Lo giuro".
Gabriello li guardò, poi gli diede tirò un ceffone per uno "E ora chiamate l'orchestra e che la festa sia festa!" La piazza a quel punto scoppio in un applauso in cui si scioglieva tutta la paura e la tensione accumulata in quella mattina particolare.
Gabriello tornò verso casa sua, tra due ali di paesani, con il sigaro tra le labbra. "Bravo Gabriello" gli dicevano senza toccarlo, "Bravo, grazie".
Riportata la calma iniziò la festa, le griglie del Cro si riempirono di salsicce e rosticciane, le damigiane del Circolo Enal finivano una dietro l'altra e anche i ragazzini e le donne erano tornate in piazza.
L'orchestrina iniziò a suonare e la gente a ballare e, per non far torto a nessuno, iniziarono con Papaveri e papere.
Almeno per quel pomeriggio la politica lasciò il posto a un sentimento di fratellanza e di appartenenza a una comunità e finì con Tarcisio e Manrico che, ubriachi e abbracciati, cantavano "Mamma son tanto felice..."
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"A proposito di politica, ci sarebbe qualche cosarellina da mangiare?"
Antonio de Curtis in arte Totò