lunedì 15 marzo 2021

Andare a veglio


Una volta, quando non c'era ancora la televisione o la radio e figuriamoci Internet o i cellulari, c'era l'usanza nei piccoli paesi di "andare a veglio. 
Sopratutto l'inverno anche quando il vento gelido mulinava nell’aia, anche quando si scatenava un impetuoso acquazzone, insomma qualsiasi fossero state le condizioni del tempo “andare a veglio” era un rituale quasi sacro.

In queste uggiose serate tutto si svolgeva nelle ampie cucine di una volta, alla luce di un gran focolare. i vegliatori più anziani si mettevano con le loro seggiole vicino al camino e così piano, piano si avvicinavano i ragazzi e le ragazze.

Dopo pochi attimi ai ragazzi si aggiungevano le famiglie, intanto tutt’intorno nonostante il momento fosse di riposo e tranquillità i piccoli lavoretti andavano avanti, c’era chi aggiustava gli attrezzi, chi sgranava le pannocchie e chi badava al fuoco del camino. 

Nel frattempo mentre le mani erano occupate in cento cose fiorivano i racconti e le storie più o meno fantasiose, più o meno vere e tutto si confondeva in un misto fra verità e leggenda.

E durante quelle veglie certi racconti rimanevano impressi nella memoria di tutti, storie che affascinavano genitori e bambini. Racconti passati di bocca in bocca da una generazione all’altra, con i bambini spettatori incantati e i grandi a mescolare realtà e fantasia. 

Sì perché le leggende nascono così, si parte da un fatto reale (il nome di una località, la forma di una roccia, la caratteristica particolare di un animale o di un luogo) e ci si ricama sopra una storia fantastica quando non si arriva a un’evidenza scientifica, si inventa laddove non si trovano spiegazioni razionali.

Inoltre, poiché tramandate oralmente, le leggende si modificano e si storpiano, diventano parte del tessuto popolare di un dato luogo ma ognuno ne fornisce una propria versione. Ecco perché anche in Versilia ne esistono a decine ma può darsi che sedendo a un focolare diverso se ne senta una versione modificata.

Eccone alcune della tradizione versiliese: 

Il tesoro di Pietralunga
A Pomezzana di Stazzema raccontano che un tesoro nascosto, una gallina con dodici pulcini d'oro, si trovi tra i boschi del monte Gabberi, dove si alza un alto pinnacolo: la "Pietralunga". Questo luogo è però incantato. Quando venne sepolto, non fu scoperto per cent'anni, cosicchè se lo prese il diavolo.

Passarono gli anni finchè un cacciatore passò di qua al tramonto e gli sembrò di vedere qualcosa ai piedi della pietra. Avanzando tra le piante e rovi che lo circondavano arrivò infine sotto la Pietralunga e vi trovò un grosso mucchio d'oro.

Si avvicinò per prenderlo, ma quando provò a prenderlo, cadde una pietra dal pinnacolo e disintegrò il tesoro. I vecchi raccontano però che esiste un modo per prendere il tesoro. Bisogna andare sulla cima del monte Procinto, cogliere una radice di mandragola al chiaro di luna e recitare misteriose parole.

La Busdraga di Camaiore

Una leggenda molto popolare a Camaiore è quella della Busdraga, una donna bella e di nobili origini, dissoluta e con molti amanti, spesso uomini sposati, quindi odiata da intere famiglie.

Nonostante il passare degli anni, la Busdraga non invecchiava mai, finché una notte morì di colpo in circostanze misteriose, con la pelle annerita come se fosse stata avvolta dalle fiamme dell’inferno.

Sepolta nel chiostro dei frati minori, le ossa della Busdraga non trovavano pace, fu quindi necessario riesumarla e seppellirla nel bosco, ai piedi di un albero. Quel luogo divenne sinistro e misterioso e alcuni testimoni giurarono di aver visto una strana figura nera che si aggirava di notte tra gli alberi lanciando lamenti terrificanti.

Nelle notti di tormenta, la Busdraga prova a stendere sull’erba del bosco una tela infiammata e con le prime luci dell’alba, arrabbiata per non essere riuscita nell’impresa, butta il rotolo infuocato verso i monti delle Apuane e si vede una striscia di fuoco volare per il cielo fino al monte Prana.

L'antro del Corchia 

Come non credere che sia un luogo di leggende il Monte Corchia? Qui si trova il più vasto sistema carsico italiano, l'Antro del Corchia.

I nomi dati a molte grotte riportano ad un passato di misteri e paure: l'antro del Diavolo, caratterizzato da due buchi nel soffitto, fatti dalle sue corna; la Tana dell'Omo Selvatico, dove si trova un enorme cavallo stampato su una concrezione calcarea con lo sguardo fisso in un punto della grotta.

Chi riesce a individuare il punto esatto diventerà ricco perchè troverà un filone d'oro.

Le Menadi della Versilia

Leggenda comune a molte zone italiane, parla di Alfredino che una notte andò a pescare sul lago. Tornando a casa fu sorpreso dalla pioggia e si riparò in una casa abbandonata dove impaurito vide una danza di spettri che ripetevano come una litania: "Balla con l'osso, balla senz'osso Balla e grida a più non posso, Balla con l'osso, dammi la mano, Carne ed ossa non abbiamo".

Una filastrocca simile si incontra in alcune leggende della Lunigiana, ambientate a Filattiera o Mulazzo.


Nessun commento:

Posta un commento