mercoledì 6 maggio 2020

Nè servi nè padroni


Sono nato nel 1958 a Forte dei Marmi, proprio davanti al Fortino. In una casa d'angolo al primo piano dove, sotto, c'era un negozio di merceria che tutti chiamavano "dalle Neri".


La zia di mia madre era ostetrica e sono nato in casa sua, come molto spesso succedeva a quel tempo. Gli ultimi mesi di gravidanza mia madre li trascorse lì.

Mi misero il nome di Roberto. Poi tornammo in paese, dove ho vissuto la mia infanzia e la mia adolescenza. Quando mia madre è morta, nel 1979, dieci giorno dopo mi è arrivata la cartolina del militare.

Per il car mi spedirono a  Diano Castello, poi destinazione finale Vercelli, artiglieria pesante incarico da autista. Nel viaggio in treno verso Vercelli ricordo distese di risaie e nemmeno un albero.

Arrivammo quasi di sera alla caserma Garrone. C'era un'altra caserma a Vercelli, la Scalise, carriarmati e anfibi, più di 2.000 soldati. La Garrone in pratica era l'officina della Scalise. meno di 300 soldati.

La prima sera ci mettono in camerata, letti a castello, secondo piano. Apro la finestra, sui pichi alberi davanti c'erano vortici di zanzare, pensavo a mio padre e ho avuto un attimo di smarrimento e il desiderio di volare giù.

Avevo già la patente dell'auto, mi fecero prendere quella per il camion se non ricordo male un Fiat TM69, . Portavo il camion  con caporale e serventi al pezzo per l'obice Obice M 114 da 155/23 a traino.

Passano i mesi e intanto avevo fatto domanda di avvicinamento a Lucca, per motivi familiari visto che mio padre era da poco vedovo e solo, dove c'era una caserma del genio.

Un mese e dieci giorni prima del congedo mi arriva il trasferimento. Andai a chiedere al comandante se era possibile rifiutare. 

Mi disse che non poteva far nulla, e che capiva la mia situazione, perché il Ministero mi aveva già iscritto a matricola a Lucca e che avrei dovuto partire il giorno dopo.

A Lucca arrivai in treno. Da una parte ero contento perché così potevo vedere mio padre più spesso visto che in quasi un anno, a parte telefonato un giorno si e un giorno no, ero tornato a casa per due licenze in totale di 15 giorni.

Alla caserma Lorenzini, in Piazza san Romano, mi presero per un raccomandato visto che ero vicino a casa e mi fecero fare tutte le guardie e le corvée che non avevo fatto a Vercelli.

Finito il militare tornai a casa, e dopo qualche settimana iniziai a lavorare alle cave con mio padre.
A quelle cave, Altissimo e Cervaiole, mio nonno ha lavorato 54 anni di fila, mio padre 42, io ci sono rimasto quasi 4 anni fino a che non mi sono licenziato.

Gli ultimi mesi arrivarono alle Cervaiole, due prototipi di macchine, di due ditte diverse di Carrara, con il filo diamantato. Era il nuovo sistema di taglio del marmo. Fino ad allora si usava il filo elicoidale.

La ditta era l'Henraux ed era passata sotto il controllo della Banca Commerciale italiana che aveva nominato un Amministratore delegato e un Direttore di cava.

Il direttore di cava, un ingegnere, era stato fino a qualche mese prima responsabile di qualcosa alla Knorr, quella del dado. Aveva preso in affitto una villa al Forte dei Marmi ( tanto era tutto nel conto spese) e arrivava sulle cave con Porsche, blazer blu e mocassini senza calzini.

L'amministratore delegato, un avvocato, non si vedeva quasi mai. Stava sempre in ufficio a Querceta dove c'è la sede principale della ditta.

Mi didero l'incarico di prendere altri quattro operai e di testare le macchine perché, mi disse l'ingegnere, "Almeno tu hai un diploma e sai fare di conto".

Il ravaneto del Giardino fu la mia prima opzione. L'avrei tirato giù, lui. la Porsche e le racchette da tennis dietro. Poi ritornai calmo...

Dovevo fare un report settimanale sulle due macchine, ore di lavoro, consumo delle catene, danni ecc. 

Ero stato tre giorni a Carrara in due cave diverse con i tecnici delle due ditte a spiegarmi il funzionamento della macchina e tutto il resto. Iniziammo posizionando le macchine e dando elettricità. 

Dopo dieci minuti la macchina che chiamerò A andava  benissimo la B sussulta e poi si strappa la catena. La catena era composta da un filo di acciaio sul quale erano montate delle piccole palline schiacciate ai lati rivestite di polvere diamantata.

Le palline partono come proiettili e il cavo svetta nell'aria. Tutti istintivamente prima della sventagliata eravamo pancia a terra. Fermiamo tutte e due le macchine togliendo elettricità.

Ripariamo il cavo e ripartiamo non prima di esserci costruiti una specie di trincea con sacchetti di sabbia e lamiera davanti e una piccola fessura per vedere.

Alla sera tornavamo a piedi a casa io, mio padre e i paesani che lavoravano in cava. Il giorno prendevo i tempi, le rotture il consumo e dopo cena mettevo tutto in bella su un registro.

Dopo un mese i dati dicevano che la macchina A ( che era di un vecchio fornitore di attrezzature per l'Henraux) era meglio della B ( di una ditta sconosciuta ma certamente amica dell'Ingegnere).

La macchina A non aveva mai strappato la catena, la B in un mese 25 volte. La A consumava nel taglio 1.8 cm la B quasi 3 cm. Questo voleva dire che si perdeva nel blocco di marmo, e in funzione delle lastre che poi sarebbero state segate, dei soldi.

Feci il rapporto settimanale evidenziano tuti i problemi e i vantaggi tra A e B. Non avevo nessun tornaconto ad avvantaggiare uno o l'altro, era solo la nuda verità dei dati.

Consegno il rapporto all'Ingegnere e il giorno dopo vado a Carrara in Campagnola della ditta, scassata da anni di cava e senza aria condizionata, a prendere delle nuove catene per le macchine. Era il 6 Agosto 1984.

La ditta passava, due volte l'anno, una tuta con il logo della ditta e un paio di scarponi di vacchetta. Mi tolgo la tuta, sotto avevo i jeans e una Lacoste a maniche corte rossa regalatami da mio cugino che ha un albergo al Forte.

Vado a Carrara e torno verso mezzogiorno alle Cervaiole. Arrivo con la Campagnola nel primo piazzale dove c'era l'officina e vedo il Porsche parcheggiato. Scendo e visto che c'era il turno alla mensa vado per andare a mangiare quando mi sento chiamare... "Roberto, scusaaa..."

Mi giro e vedo l'idiota ingegneristico con blazer d'ordinanza e pantaloni bianchi. "Ciao" e mi prende sotto il braccio... "Ho visto i rapportini, sei sicuro che siano veri?"..."Certo Ingegnere - mentre mi sale il giramento di coglioni - Sono i dati cronometrati e i fatti li hanno visti anche gli uomini con me".

"Mah... mi risulta che la macchina B a Carrara dia rendimenti maggiori della A"... "Ingegnere, sarà un altro marmo...e se non c'è altro dovrei andare a mangiare, ho il turno"... "Ah si... vai..."  lo saluto e mi giro per andare in mensa.

"Un'ultima cosa, scusa..." mi dice.
Si avvicina e mi mette una mano sulla spalla... Ora lo tiro nel ravaneto penso... "Volevo dirti - continua l'Ingegnere - che sulla cava si sta in tuta... ve le passiamo no?"...

"Ha ragione ingegnere - mentre valuto se strozzarlo o picchiargli la testa nel cofano della Porsche - ma ero andato a Carrara e come sa la Campagnola non ha l'aria condizionata come la sua Porsche..."

"Va bene, ma un'altra volta la tuta, ricordatelo! " e ride e si avvia verso la sua auto.

Vado in menso, mi siedo a uno dei tavoli di marmo mentre gli altri del turno hanno già quasi finito. Mi danno un  minestrone e mentre mangio penso.

Inizio a capire... Della macchina che sceglieranno, tra un mese, ne ordinano almeno 6 e poi altre dieci.
E' un affare di qualche centinaio di milioni.
L'ingegnere dalla macchina A non prende la tangente, dalla B si.

Mi sta facendo pressione, mi vuole obbligare in qualche modo a cambiare i dati... tutto ma non complice si un farabutto.

Dopo mangiato dovevo scaricare le catene diamantate e riportare la Campagnola a Querceta perché la mattina dopo la dovevano caricare, alla polveriera, di polvere nera e candelotti da portare alle cave.

Dico a mio padre che vado giù, arrivo a Querceta e vado all'ufficio matricola dove l'impiegato era uno che aveva studiato con mio padre.

"Ciao Giorgio - si chiamava così - mi dai un foglio e una penna?"... dopo avermi chiesto come sta mio padre mi allunga il foglio e le penna.

E io inizio a scrivere " Io sottoscritto in data odierna ... preavviso di licenziamento..."  firmo e dico a Giorgio "La protocolli per favore?"... Lui legge e mi guarda: "Ma tuo padre lo sa?"... 

"No glielo dico stasera..." ..."E il motivo?" chiede.. "Un giorno te lo dirò, per ora protocolla e ci sentiamo. Io torno tra sette giorni e voglio il mio libretto di lavoro e il calcolo di quanto mi spetta. Ciao Giorgio, in gamba..."

La sera lo dissi a mio padre e gli spiegai che non me la sentivo di lavorare in cava. Quando andavamo in cassa integrazione per la neve in inverno, uno o due mesi, avevo iniziato una collaborazione saltuaria nel campo di quello che poi sarebbe stato il mio lavoro. 

Gli dissi che comunque avrei avuto uno stipendio e una sicurezza. Lui era contento da una parte e dall'altra sentiva un pò di nostalgia ad avermi tutti i giorni sul lavoro con lui, come lui con suo padre. Ovviamente non  gli dissi i motivi veri...

Il giorno dopo mi chiamano dalla sede di Querceta "Venga che l'amministratore deve parlarle"...

Vado, entro nell'ufficio luminoso e che fu di Cidonio, una grande persona. L'avvocato mi viene incontro "Ciao Roberto, prego accomodati"... mi siedo davanti alla scrivania e penso "Anche lui è della partita..."

Mi chiede come sta mio padre... "Grande persona, la ditta non potrebbe farne a meno!" dice... Poi mi chiede come mai voglio licenziarmi. Do a lui le stesse spiegazioni date a mio padre... La cava è dura e non ce la faccio...

"Ma come, tuo nonno ha lavorato per l'Henraux 54 anni, tuo padre forse arriverà a batterlo e tu ti ritiri?"

"Avvocato non è una gara... e la mia famiglia mi sembra che abbia già dato una bella fetta di vita a questa ditta"

Lui dapprima era gentile poi inizia con velati ricatti "Ma se vai via da qui dove andrai, non è facile trovare lavoro e non pensare che possiamo aiutarti...Pensa a tuo padre"

Lo interrompo prima che gli tiri un cazzotto... "Avvocato ce l'ha diecimila lire in tasca?"... lui rimane spiazzato..."Come?"..."si, diecimila lire, io non ho soldi dietro, voglio farle vedere una cosa..."

Rimane interdetto poi tira fuori dal portafoglio diecimila lire. Qualcuno se le ricorda quelle con Macchiavelli?

Me le porge con aria interrogativa... le prende le stendo bene sulla scrivania con il palmo della mano poi le prendo e gli chiedo mettendogliele davanti al naso.: "Come c'è scritto in alto, Avvocato?"

Lui è spiazzato non capisce cosa voglio dire... "Guardi bene ... c'è scritto Banca D'Italia"...Forse inizia a capire... "Vede Avvocato... BANCA D'ITALIA!...vuol dire che quel giorno che ci sarà scritto "BANCA HENRAUX" verremo tutti a lavorare per voi!"...

Mi alzo, gli metto le diecimila in mano e gli dico... "Tra sette giorni torno e voglio il dovuto... e un'ultima cosa... se a mio padre qualcuno ha intenzione di fargli pagare un figlio non cavatore .. torno e vi faccio saltare per aria, lei e quella immensa testa di cazzo dell'Ingegnere... addio, Avvocato"

Mio padre è andato in pensione dopo 42 anni di Cervaiole stimato da tutti, i suoi compagni di cava in primis... L'ingegnere e l'avvocato sono spariti dopo un paio d'anni quando l'Henraux fu rilevata da una cordata locale.

Io iniziai a lavorare a settembre in quello che è stato il mio lavoro per quasi 25 anni... 

Ma questa è un'atra storia...