Era nato, a settembre del 1940, settimino e il dottore aveva detto che sarebbe stato molto difficile che ce la facesse. Invece aveva smentito le previsioni superando anche gli anni duri della guerra.
Sua madre gli aveva messo nome Serafino. Nei paesi il nome di battesimo veniva a volte scorciato per comodità o seguito dal nome di un genitore, per specificare nel caso di nomi uguali.
Ad esempio si diceva "C'è Beppe della Santina che ti chiama"... oppure , spesso e volentieri, era il soprannome l'identificativo della persona.
E anche Serafino ebbe il suo soprannome. Iniziarono a chiamarlo, fin da ragazzo, Beccofino perché aveva un bel naso aquilino su una faccia stretta e lunga.
Negli anni subito dopo la guerra, con l'Italia alle prese con una ricostruzione dalle macerie fisiche e morali, non c'erano molte possibilità.
Beccofino, come tanti della sua età non andava a scuola ma aiutava la famiglia, dava una mano a sua madre nei campi e portava a pascolare le poche pecore che avevano.
Sapeva replicare tutti i versi degli uccelli che sentiva nel bosco. Quando andava a messa con sua madre gli piaceva il suono del piccolo organo nella chiesa.
Si era fatto un piccolo zufolo di legno di bosso nei pomeriggi in cui badava alle pecore. E con quel piccolo strumento artigianale suonava i vari motivi che sentiva in chiesa.
Non c'erano radio, televisioni o giradischi nella casa di Beccofino ma la musica era la sua passione. Andava ad ascoltare le prove della banda paesana mettendosi seduto sotto la finestra della sala prove e suonando il suo zufolo con loro.
Una sera Beppino, il maestro della banda, lo chiamò e gli disse di entrare, che fuori era freddo e che poteva stare seduto con loro e, se avesse voluto, gli avrebbe insegnato a suonare il clarino.
Qualche ragazzo dell'età di Beccofino frequentava le lezioni di musica del maestro e suonava già nella banda, Beccofino entrò in silenzio salutando con il capo e si sedette in fondo alla sala.
Mentre la banda provava Beccofino era attirato da uno strumento chiuso dentro la piccola vetrina in cui erano riposti gli spartiti e i fiaschi di vino necessari a bagnare le labbra dei suonatori.
Finita la prova, fatto l'ultimo brindisi tutti erano tornati alle loro case. Nella sala era rimasto Beppino che spazzava il pavimento rimettendo a posto sedie e leggii.
E c'era rimasto anche Beccofino che in piedi davanti alla vetrina era a fissare lo strumento. "Ti garba?" gli chiese Beppino... "Si, come si chiama?"..."E' un mandolino, ti piacerebbe imparare a suonarlo?"... "Posso toccarlo?" disse Beccofino.
Beppino aprì la vetrinetta, prese il mandolino e glielo porse... "Tò, prendilo"... Beccofino lo prese delicatamente e iniziò a guardarlo, gli intarsi di madreperla nel manico e lungo il bordo della cassa che ricordava un uovo a metà, il piccolo manico, le chiavi e le corde.
"Era di mio padre - disse Beppino - La mia passione per la musica è iniziata proprio con questo mandolino" ... Beccofino sembrava non ascoltare rapito dalla bellezza di quel piccolo strumento.
"Lo suono ogni tanto per divertirmi, non c'è nessuno a cui piaccia suonarlo ma se ti piace ti posso insegnà a suonarlo" continuò Beppino.
Beccofino alzò al testa e sorridendo disse "Davvero me lo insegnereste a suonare?"... "Certo! Non mi farebbe che piacere" Gli rispose Beppino.
Così Beccofino iniziò ad andare un paio di sere a settimana da Beppino e tanta era la sua voglia di imparare che in pochi mesi lo suonava già discretamente per la meraviglia di Beppino.
Quando Beccofino prendeva in mano il mandolino e iniziava a suonarlo chiudeva gli occhi e sembrava come in trance. Beppino gli disse che poteva portarlo a casa per esercitarsi e di averne cura.
Sua madre gli aveva cucito un sacchetto di tela di canapa con in cui riporlo e lui se lo portava dietro anche quando andava a pascolare le pecore e si esercitava continuamente.
Beppino era contento dei progressi dell'allievo tanto che un giorno gli disse: "Il mandolino da oggi è tuo, te lo regalo"... Beccofino rimase sorpreso... "Ma era quello di vostro padre!"... "Lui non c'è più - disse Beppino - e anche lui sarebbe contento di sapere che è nelle tue mani e che lo suonerai anche per lui".
Beccofino lo ringraziò e tornò a casa dicendolo a sua madre. Da quel giorno Beccofino e il mandolino divennero quasi una cosa sola.
Imparò motlissime canzoni e motivetti e non c'era festa in paese dove Beccofino non desse prova della sua abilità nel suonarlo meravigliando i presenti.
Quando era al pascolo si sedeva sotto un castagno e sentivi il suono dolce del mandolino come la colonna sonora di una vita serena. Lo incontravi con il suo gregge, il bastone e il sacchetto con il mandolino dietro la schiena e sorridendo ti salutava fischiando il verso del fringuello.
Per tutta la sua vita fu una cosa sola con il mandolino, continuò a fare il pastore, non si sposò e quando è morto nella cassa misero anche il suo mandolino.
Per dirgli grazie dei bei momenti di festa in cui li aveva allietati con la sua musica i paesani fecero una colletta e commissionarono a un laboratorio di scultura un piccolo mandolino di marmo che è posato sulla sua tomba nel piccolo cimitero del paese.
La musica è abbastanza per una vita, ma una vita non è abbastanza per la musica
(Sergej Rachmaninov)
(Sergej Rachmaninov)