domenica 13 dicembre 2020

La cascata del Pendolino


In Garfagana c'è una cascata particolare. Questa cascata si può visitare risalendo la strada che porta nella Val di Turrite, nel comune di Fabbriche di Vergemoli. 
A un certo punto, infatti, andando in direzione del paese di Fabbriche di Vallico ci si imbatte nell'antico mulino, (oggi restaurato) e da lì inizia il sentiero che porta ad una delle meraviglie della Garfagnana: la Cascata del Pendolino. 

Tra natura incontaminata, verde, nude rocce, la cascata precipita fragorosamente nel fiume sottostante  per quasi cento metri.

Ma ora vi racconto la storia della cascata...

Sui fianchi del monte Gragno, si aprono grotte buie e profonde che la gente chiama Buche delle Fate. Ce ne sono un po’ ovunque sparse qua e là, suggestive e misteriose. 

La tradizione ha infatti conservato nella memoria la leggenda di due fratelli, che un giorno salirono sulla montagna a far legna. 

Erano forti, ma poveri; coraggiosi, ma stremati da una vita difficile. Quel giorno si trovavano nei pressi di una di queste buche, quando cominciò a piovere, quindi si ripararono all’interno della grotta. 

Videro arrivare due donnine, avvolte in un panno grigio con un grosso cesto pieno della cenere che i carbonai ammucchiano in una parte della carbonaia. 

I due giovani le salutarono e le due signore, due fate del bosco, li guardarono incuriosite, poi aprirono i loro mantelli e ognuna di loro regalò a ciascuno dei due ragazzi una tazza di legno dicendo: 

"Se riuscirete a riempirla d’acqua e a farvi specchiare la luna piena del mese di maggio, un sentiero d’argento vi guiderà ad una sorgente dove troverete il vostro tesoro". 

Poi le due donne entrarono nella grotta e scomparvero nel buio. 

La sera i due giovani raccontarono ai loro genitori quanto avevano visto e udito nel bosco e mostrarono loro le due tazze di legno, ma i genitori non ci fecero molto caso. Passarono i mesi e una notte di maggio la luna piena splendeva alta sopra il monte Gragno. 

I due giovani si inerpicarono sulle pendici del monte con un fiasco d’acqua e riempirono le due tazze proprio di fronte all’entrata della grotta. 

Fu molto difficile inseguire la luna fra rami, foglie fitte, speroni di roccia, mentre la notte correva via. Mancava ormai un’ora al sorgere del sole, quando i due giovani arrivarono sulla vetta. 

Lassù il cielo era libero e la luna entrò nelle loro tazze. Subito mille riflessi d’argento ribalzarono giù dalla montagna e andarono a moltiplicarsi nel letto del torrente che scorreva fragoroso giù fra alte rocce. 

I due giovani correvano dietro quello sfavillio che pareva un serpente argentato, scendeva rapidamente giù, lungo il torrente finché non finiva la sua corsa su di una cascata d'incommensurabile bellezza. 

Una volta caduta di li, l'acqua proseguiva e si concentrava su un enorme pietra. I fratelli si guardarono e capirono che lì stava il loro tesoro, di qualsiasi natura fosse. 

Cominciarono quindi a portare massi, a squadrarli e a disporli una sopra l’altro su quell’enorme pietra piatta e liscia. Dopo qualche mese, un bel mulino (che ancora oggi si può vedere) con la sua ruota macinava da mattina a sera. 

E non vi fu mai stagione che vide quella ruota fermarsi. I campi vennero coltivati e i boschi seppero dare i loro frutti generosamente. Quel mulino lavorò per molti anni. 

Nel mese di maggio le fate scendono dalla montagna, trasportate dai raggi delle luna piena, per attingere l’acqua da quella cascata che in quella notte acquista poteri magici. E se si ascolta bene, sembra di sentire da lontano la ruota di un mulino mossa dall’acqua. 

Questo racconta la leggenda ma d'altra parte tutto ciò che riguarda questa cascata è ammantato da pura poesia, anche lo stesso nome che gli è stato attribuito segue questo percorso.

Difatti il nome Pendolino (o Pendolo) deriva dal fatto che quando spira il vento, l'acqua della cascata oscilla proprio come un pendolo, simulando di fatto una sinuosa danza. 

Ma attenzione il portento non finisce qui, se si fa attenzione ai suoi piedi si può vedere il suo austero guardiano affiorare dalle acque: un gigantesco masso forma infatti la figura di un severo gorilla.

Proprio qui, dove tutto è immaginazione, tradizione e poesia...




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