sabato 12 dicembre 2020

Il flauto e il serpente crestato


Lo chiamavano Treccase anche se erano un po' di più.... ma non molte. Stava quel paese, se così si poteva chiamare quel piccolo gruppo di case, isolato nel verde della montagna. Quasi tutto il necessario proveniva dai campi e dai boschi che lo circondavano.

Di denaro ne circolava ben poco perché si usava il baratto,ogni tanto qualcuno attraversava i boschi e scendeva a valle portando con se uova, formaggio o un pollo per barattarlo con quello che in paese non c'era.

Anselmo era l'unico in paese che aveva viaggiato, una volta andava in giro la dove c'erano le fiere, andava a vendere i suoi lavori, sopratutto flauti e pipe che lui stesso faceva.

Anselmo non solo lavorava il legno ma era pure il più bravo a raccontare, sapeva inventare storie fantastiche.

Aveva una grande stanza con un grande camino e spesso nel pomeriggio c'erano tanti bimbi a cui intagliava nel legno semplici e piccoli giochi mentre sapeva icantarli con le sue storie.

 Nelle lunghe sere d'inverno vi andavano uomini e donne a veglio, facendo cerchio intorno al fuoco e mentre Ansemo raccontava e intagliava radiche d'erica per ricavarne pipe, le donne alla luce della fiamma lavoravano lana e canapa ....La Rosalba fin da piccola aveva sempre portato due

 trecce che ormai erano quasi completamente bianche e lunghe fino ai fianchi.

Era una donna buona e laboriosa, spesso si recava da Anselmo, anche a lei come ai bimbi  piacevano le storie che lui inventava.

La Rosalba oltre a coltivare il suo orto passava  gran parte del tempo a fare intrecci...Intrecciava i salici più sottili e le ginestre per fare cestini con cui i bimbi andavano a raccogliere mirtilli e fragoline di bosco, intrecciava gli scarti della canapa e ne faceva corde per legare il fieno e la legna.

 Con le cortecce e i polloni dei castagni, usando scaldarli sul fuoco faceva cesti, gerle e qualche piccola culla.

Una volta all'anno arrivava in paese un uomo con un'asino...veniva a prendere pure le pipe di Anselmo e gli oggetti migliori intrecciati da Rosalba che poi vendeva giù in pianura, in cambio lasciava riso, zucchero, fiammiferi, sale e fiammiferi o tessuti dai colori vivaci.

Un giorno la Rosalba arrivò in casa di Anselmo, la cui porta era sempre aperta, ai suoi piedi posò un grosso cesto per contenere la legna ed una gerla che gli sarebbe stata utile lasciandogli le mani libere mentre andava nei boschi a raccoglier radiche d'erica per fare le sue pipe.

Siccome in paese si usava il baratto ,Anselmo con un cenno del capo le indicò la vecchia madia dicendole di prendersi ciò che voleva, sopra la madia c'erano mestoli e ciotole di tutte le misure, candelieri intagliati ed altre cose utili per la casa.

Ma quando la Rosalba che aveva un buon udito ma non parlava gli indicò ciò che voleva, Anselmo rimase molto sorpreso....

Quando la Rosalba guardò verso il camino puntando l'indice verso la mensola indicando uno dei due flauti in legno che vi erano sopra Anselmo rimase sorpreso e gli chiese se voleva il flauto.

Le disse che non poteva darglielo perché uno era appartenuto a suo nonno e l'altro era il primo flauto che suo padre aveva fatto per lui.

Sembrò che un'ombra avesse tolto la luce sul viso della Rosalba....ma Anselmo la rassicurò dicendogli che presto ne avrebbe fatto uno per lei in cambio dei cesti...

Tante volte, mentre lei a casa di Anselmo ascoltando storie, insieme a giunchi e ginestre, in silenzio, intrecciava un sogno.

Dopo un po' di giorni il vecchio con viso bonario le consegnò il flauto.

Rosalba ogni volta che era libera e tempo permettendo andava lassù tra le rocce dove crescevano soltanto eriche boschive, mirto e ginestre spinose.

Sembravano impenetrabili  ma lei in mezzo aveva creato un piccolo spazio dove sedersi nascondendosi a tutti.

Era li che iniziò a suonare ma lei conosceva solo i suoni della natura...fin dall'inizio lei considerò quel flauto un po' come la sua voce....l'unico suono che riusciva a fare

Poi accadde che l'ignoranza cominciò a parlare...

Qualcuno diceva che lassù tra le rocce si sentiva scorrere acqua, dove mai ce n'era stata...altri sentivano  cadere la pioggia ma c'era il sole....altri giuravano di sentire voci di uccelli, voci di bimbi che ridevano o canto di grilli in inverno.

Presto la gente si convinse che li c'erano gli streghi con le loro stregonerie....Meglio era star lontani da quel luogo e quando dovevano passare sul sentiero più in basso lo facevano a passo svelto recitando avemarie....

Però presto si posero un problema...

A Treccase qualcuno ben presto iniziò a pensare ai bimbi che normalmente se ne andavano in giro da soli e si chiedeva cosa sarebbe accaduto se incuriositi si fossero infilati tra quella fitta vegetazione.

Il suono del flauto della Rosalba copiava i suoni degli uccelli e della natura. Ma in paese, sulla piazza, si diceva che erano suoni del demonio.

Presto la paura si sparse tra la gente e non so chi per primo ebbe l'idea di dissuadere i piccoli con la paura e quando incontravano la Rosalba sputavano in terra facendosi il segno della croce. 

All'inizio si sparse la voce che sul sentiero avevano visto un serpente lungo e nero come mai se n'erano visti. 

Grosso come le gambe della  Pieraccia aveva la testa grande come un cane e una bocca rossa come le fiamme dell'inferno.

Tanto circolò di bocca in bocca che anche gli adulti finirono col crederci.

Nessuno del paese si avventurava in quel posto, nè uomin nè donne e così da un altro paese fecero venire un cacciatore per ammazzarlo sparandogli. 

La mattina il cacciatore partì per cercare il serpente. Sul calar della sera l'uomo arrivò sulla piazza del paese e disse che dopo aver atteso quasi tutto il giorno il serpente era uscito allo scoperto.

Era spaventoso, nero come la notte e una testa grossa come un fiasco, grandi occhi gialli e sopra quella testa teneva una cresta rossa come la bocca spalancata.

Lui asserì d'avergli sparato ma i proiettili erano rimbalzati sulla pelle del serpente che doveva esser dura perché era molto vecchio.

Non solo il serpente crestato fuggì ma si alzò per metà della sua lunghezza soffiando e sputando il veleno, lanciandolo contro di lui, che al contrario del serpente, stava scappando e per questo non ne fu colpito.

Son passati molti anni e qualche generazione, eppure ancora c'è qualcuno che dice di aver visto, quando era ragazzo, il serpente crestato...

La vita sa confondere le sue tracce, e tutto del passato, può diventare materia di sogno, argomento di leggenda.
(Giorgio Bassani)


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