venerdì 20 novembre 2020

La farina perduta


Mamma ho freddo... Entra nel mi' letto... Mi conti una fola?... Sono stanca dormi ch'è tardi... Contimi una fola... Ormai sei grande e a le fole un ci credi più dormi... 
Se un mi conti una fola un mi risce dormì.
Sai... unvece che 'na fola ti conto una storia vera... 

Erimo rientri dallo sfollamento e la gente un avea più nulla da mangià quel che un aveino preso i nemici se l'erino preso gli amici. 

Un giorno seppi che tre donne scendeino a valle a vede' se dai contadini poteino ave' qualcosa da mangià.  

C'era miseria nera ma non si chiedeva elemosine si cercava di barattare quel che si avea così una donna portava con se du' paia di calzerotti di lana di pecora. 

Una portava un paio di zoccoli che il su marito avea fatto con il legno di pioppo e la terza avea un pezzo di ruvida canapa lavorata al telare. 

Un voleino portammi con loro perché il viaggio era lungo e io ero piccola ma tanto insistetti che mi dissino di si...anche perchè ero avvezza a caminà.

Io un portavo nulla, solo la mia curiosità e quel logorio della fame che un mi lasciava mai. Durante la discesa, lungo la mulattiera nel bosco saltellavo come un capretto impaziente. 

Si camminò tutta la mattina e giù c'erano tanti campi e pure dei soldati. Arrivommo a una casa di contadini e dopo aver risposto alle solite domande, come vi chiamate, da dove venite e così via... 

Ci fenno entrà in casa e visto che era quasi ora di mangià ci feno fermà con loro, erino un tanti che cominciaino a entrà in quella cucina... vecchi e ragazze... mancaino i tre giovanotti, dissero che stavino a combatte su in montagna. 

Un mi scorderò mai quella scodella di tagliarini con i fagioli e un pezzo di frittata alta du' diti che mangiai. Dettero alle donne della farina di grano e pure a me ne dettero e dalla contentezza mi misi a piangere.

Quant'era che un piangeo!...Aveo smisso di piange forse per gli spaventi della guerra... forse per la tanta tribolazione.

Loro la misero nella sacchetta di tela che aveino portato, a me la misero nel fazzoletto che portavo in capo per ripararmi dal freddo e un c'erino mia le borse di plastica! 

Dopo che ci fummo pasciute e  riposate ed aver ringraziato c'inviommo verso casa che la via da fa' era lunga.

Per risparmiare un po' di tempo come ci avevano consigliato si fe' un'altra via Arrivommo duve c'èra un fosso pieno d'acqua e per attraversallo c'era da passa' sopra delle tavole di legno.

Qundo sentitti quei tavoloni che si muovevano ebbi paura e il mi' fagottello di farina finitte nell'acqua... 

Pensando di recuperarlo scesi in acqua anch'io.  Le donne mi chiamavano, io piangevo e due soldati vennero sull'argine, mi allungavino una mano, ma io mi allontanavo quei due mi facevano capire che non dovevo aver paura.

Io un aveo paura nè di loro nè del torrentello ero disperata perché vedevo l'acqua farsi bianchiccia e scorrere via assieme alla mia farina.

Quando fui sull'argine le donne che erano con me mi fecero andare tra delle canne e quando mi fui spogliata dei cenci zuppi d'acqua mi avvolsero con i loro pesanti e grossi grembiuli perchè un pigliassi freddo.

La via verso casa mi sembrava che un finisse mai e quando da lontano vidi le case del paese mi prese tanto sconforto pensando al mio "tesoro" perduto.  

La mi' mamma fe' entrà in casa quelle donne che m'aveino porto con se.

La più vecchia di loro prese una scodella che stava sull'acquaio di marmo, la posò sul tavolino e ci mise un poco della sua farina e così, senza dire una parola fecero le altre.

Erino altri tempi... ora dormi...