martedì 15 settembre 2020

Carburo

Nei primi anni settanta in paese c'era un ragazzo di una trentina d'anni che si chiamava Guido. Ma lo chiamavano tutti Carburo perchè era un grande appassionato di motori. A casa sua, che dava sulla piazza del paese, nella cantina aveva messo su una specie di officina personale. 

Ogni tanto aggiustava qualche mezzo dei paesani, un'ape, un motocarro, un'auto e in cambio non voleva nulla.

Possedeva un paio di moto, una da cross e una da corsa, un vecchio Gilera 98 sempre tirato a lucido.

La moto da cross aveva una storia particolare. Sotto il paese scorreva un fiume che scendendo dal monte Altissimo formava delle grandi pozze di acqua cristallina e freddissima.

L'estate, i ragazzi e le ragazze, specialmente milanesi che venivano in vacanza a Forte dei Marmi erano soliti arrivare, in vespa o in moto e motorini, vicino a quelle pozze per cercare il fresco dalla calura della piana.

Parcheggiavano i mezzi lungo la strada sterrata che arrivava alle cave e, a una deviazione, al paese.

A quel tempo non c'erano sistemi di sicurezza così sofisticati per salvaguardare i mezzi. Al massimo il bloccasterzo o, i più moderni, una catena con il lucchetto.

Mentre la gioventù vacanziera si ammolava nelle chiare, fresche e dolci acque il buon Carburo era in caccia. Si appostava nel bosco, individuava la preda e appena la strada era deserta entrava in azione.

Un calcio al manubrio per mettere fuori uso il bloccasterzo, collegava due fili e partiva in una nuvola di polvere prima che dal greto del fiume qualcuno potesse arrivare a impedire il furto.

Carburo prendeva un sentiero tra i boschi e arrivava a una casetta in un castagneto dei suoi nonni. Lì avveniva lo smontaggio del mezzo, di solito moto da crosso Ktm in particolare.

I pezzi che non gli servivano li nascondeva in una grotta poco distante con gli altri aveva messo su la sua moto da cross. Limava numeri di telaio, ricolorava tutto nell'officina a casa.

E comunque ne rubava al massimo una o due a stagione e diceva che era un esproprio proletario e che quei "pottaioni di milanesi" se ne potevano ricomprare anche dieci.

Con la moto da cross di divertiva nel castagneto dei nonni, ormai quasi abbandonato, dove aveva fatto una specie di pista da cross.

La Gilera invece era di un suo zio che gliela aveva regalata e con quella andava anche a fare delle corse amatoriali la domenica e magari tornava con un prosciutto legato alla sella, premio della corsa in salita che aveva fatto.

Gli piaceva andare al cinema e sopratutto il suo idolo era Steve MacQueen ma quando vide il film con Bud Spencer e Terence Hill "Altrimenti ci arrabbiamo" rimase folgorato dalla dune buggy.

Tornò a casa e passò tutta la notte in officina disegnando. Poi il giorno dopo scese al piano e cercava riviste dove ci fossero foto di dune buggy.

Per quasi un mese non lo vide più nessuno. Dall'officina si sentivano i rumori di mole, saldatrici, martellate. Sua madre gli lasciava il pranzo e la cena in un cesto davanti alla porta.

Finalmente una domenica mattina la porta dell'officina si aprì e l'opera di Carburo vide la luce.

Sulla piazza c'era la gente uscita dalla chiesa e i soliti avventori dei bar. Carburo mise in moto e dall'officina uscì un fumo nero e un gran puzzo di benzina.

Dopo due sgassate la macchina uscì e si fermò nel centro della piazza. Carburo aveva la tuta da meccanico tutta nera di grasso, saltà dal dune buggy ( o da quello che doveva esserlo) e guardando tutti i presenti disse "Ecco la Belva!".

Aveva fatto il telaio con dei tubi di ferro, le ruote erano quelle di un trattore, i sedili erano due sdraie di legno, il volante quello di un camion. 

Il telone sopra che nell'originale era giallo l'aveva dipinto con l'antiruggine arancione mentre la carrozzeria (realizzata con delle lamiere sagomate a colpi di martello) era rossa ciliegia.

Sul cofano, a pennello aveva scritto "Belva". I motori, perchè erano due, quelli di due vespe 250. Il rombo non era male perchè gli aveva fatto due marmitte rialzate e cromate.

Le persone sulla piazza avevano fatto cerchio intorno al costruttore e alla improbabile auto da cross. Carburo aveva messo una lunga antenna di plastica su cui aveva legata una piccola bandiera americana.

Si sedette al posto di guida e chiese chi voleva fare un giro con lui. Molti assunsero un'aria distratta e solo uno dei suoi amici, Dante, accettò l'invito.

Il pubblico non pagante si mette su due ali mentre Carburo e Dante si piazzano nei sedili. Dalla piazza del paese partiva la strada asfaltata.

I primi 400 metri erano quasi rettilinei poi c'era una serie di curve. 

Carburo sgassa un paio di volte poi innesta la marcia e la Belva parte sgommando. La gente si richiude e li vede sparire lungo il rettilineo...

Ma alla prima curva la Belva inizia a sbandare da una parte. Quella del burrone verso il bosco. Carburo tenta di riprendere il controllo ma la belva in uno stridore di ferro vola fuori strada.

Dante sbalzato dalla sdraio ha la fortuna di atterrare su un grosso cespuglio di rovi cavandosela con molti graffi ma nessuna frattura.

Carburo invece vola fuori dalla Belva e compie una traiettoria modello "uomo cannone" sfracellandosi sopra un castagno mentre la Belva rotola nel bosco spezzandosi in vari pezzi.

Mentre Dante ce la fa a uscire dai rovi e appare come una maschera di sangue i i paesani sono corsi sul luogo del disastro e cercano di tirare giù Carburo dall'albero. Lo coricano in terra e poi lo portano all'ospedale.

Gli diagnosticarono la frattura del bacino, tre costole rotte e una commozione cerebrale oltre a varie ecchimosi.

Quando riprese i sensi, la notte, con la testa fasciata e immobilizzato nel letto dell'ospedale urlava "Il differenziale... il differenzialeeee!".

Per evitare che svegliasse tutti i reparti gli fecero un punturone di sedativo. La mattina dopo, passato l'effetto del sedativo il dottore di turno lo andò a visitare.

Carburo gli prese il braccio e lo strinse forte... Il dottore stava per dargli un sedativo naturale, tipo un cazzotto per farlgi mollare la presa ma Carburo lo mollò e guardandolo negli occhi disse: " Il differenziale!! Non ho montato il differenziale! Per quello andava dritta sulle curve!!"

Il dottore, che di motori ne sapeva meno di zero, nel dubbio di essere strozzato o malmenato da Carburo chiamò l'infermiera e gli fece fare il secondo punturone...

Quando torno a casa non guarì del tutto, zoppicava e anche la testa non era quella di prima. A volte si fermava in mezzo alla piazza urlando "Il differenzialeee... il differenziale!!".