La prima volta che sono andato in Israele è stato nel 1983. L'addetto culturale all'Ambasciata di Israele a Roma aveva degli amici a Viareggio e assistendo al Carnevale aveva avuto l'idea di organizzare un corso della cartapesta a Gerusalemme per studenti d'arte.
Iniziammo con un altro costruttore del Carnevale, Vincenzo, a pianificare il corso. Non era un bel periodo per quelle terre. C'erano stati attentati, i massacri di Sabra e Chatila e in Libano c'era anche il contingente italiano.
Avevamo bisogno di poche cose ma che non erano facilmente reperibili in Israele. Come ad esempio il gesso necessario per fare le forme dei modelli.
Ma Zachary, questo era il nome dell'organizzatore, ci assicurò che ci avrebbe fatto trovare tutto il materiale necessario.
Partimmo da Roma gli ultimi giorni di luglio, arrivammo, nel pomeriggio, all'aereoporto Ben Gurion a Tel Aviv. Ci aspettava Zachary e con un pulmino partimmo alla volta di Gerusalemme.
Aria condizionata a palla perchè fuori il caldo era veramente pesante. Usciti da Tel Aviv iniziò un panorama fatto di nulla, rocce, sabbia, intervallate da macchie di verde dei kibbutz con le coltivazioni di pompelmi e le case dei coloni.
Dopo un'oretta iniziammo a vedere le prime case di Gerusalemme nuova. Costruzioni moderne, case basse, di pietra giallina, appiccicate una all'altra, piccoli alveari adagiati su colline di sabbia e rocce.
Poi arrivammo a quello che sarebbe stato il nostro alloggio per un mese, il Mishkenot Sha'ananim. Era stata la prima costruzione fuori le mura di Gerusalemme vecchia. Costruita, dal 1857 al 1860, da un ebreo livornese, Moses Montefiore.
Un mulino a vento e una costruzione bassa e lunga da cui si vedono le mura di Gerusalemme e la porta di Giaffa, unica porta nella parte occidentale delle mura.
L'impatto fu notevole perchè guardando quelle mura percepivi la storia. La struttura che all'epoca era curata dal comune di Gerusalemme era divisa in piccoli appartamenti dove erano ospitati cantanti lirici, maestri d'orchestra, poeti, scrittori.
Nel nostro aveva soggiornato, tra i tanti, anche il pianista Rubinstein e dopo aver depositato i bagagli e una breve doccia Zachi ci portò a cena e a visitare un pò Gerusalemme.
Andammo a piedi entrando dalla porta di Giaffo e quello che mi colpì erano gli odori delle spezie nell'aria. Ma non c'erano banchetti ma piccoli negozietti dove preparavano le falafel.
Mangiammo in un piccolo bistrot gestito da un marsigliese mezzo italiano. Ci disse che sua madre era di Marsiglia e suo padre di Cuneo e che lui ogni tanto andava a trovare i suoi parenti in Piemonte.
La mattina dopo iniziammo il corso a una ventina tra professori e studenti di accademia d'arte in un grande capannone nella zona nuova di Gerusalemme. Dei materiali che servivano c'era tutto, carta, matite, pennelli colori e il gesso.
Solo che era gesso da dentisti. Cioè quella specie di gesso con cui si fanno le impronte delle dentiere. Avevamo bisogno di gesso scagliola che ha un tempo di indurimento abbastanza lento da consentire di lavorarlo.
Quello da dentisti, complice anche il caldo, seccava in meno di 5 minuti. La soluzione dopo vari tentativi fu di usare acqua ghiacciata così che la reazione fosse un pò più lenta. Comunque fu un corso interessante per noi e per loro.
Una di loro che abitava a Haifa è venuta l'anno dopo, nostra ospite, e ha lavorato con me per tre mesi alla costruzione di un carro a viareggio. La cosa curiosa è che si chiamava Roma perchè suo padre, ebreo, era nato a Roma e fuggito insieme alla famiglia dopo le leggi razziali fasciste del 1938.
Nei giorni liberi, specialmente il sabato, andavamo a visitare la città vecchia. Entrando dalla porta di Damasco si entra nella parte araba di Gerusalemme, poi oltre alla Via Dolorosa, si vedono i resti del Cardo romano, le varie chiese, le sinagoghe, e il casino organizzato di un suk.
Gerusalemme è piccola, senti la storia in ogni pietra del muro o nei ciottoli dei vicoli. Divisa in quattro quartieri, musulmano, cristiano, ebreo e armeno e vivi la divisione culturale, fisica, mentale.
Ho visitato la spianata delle moschee, il muro del pianto, sono stato a Masada e all'oasi di En Ghedi sul Mar Morto. Ho visto gli insediamenti dei coloni ebrei, quasi tutti americani del sud quindi razzisti e integralisti. Le alture del Golan e ho capito che chi controlla l'acqua, vero tesoro in quelle terre, ha il potere di decidere la sorte di un popolo.
Sono stato a Gaza grazie a Zachi che aveva ed ha un amico palistinese che è chirurgo. Ed era molto diversa da oggi. Forse c'era ancora una speranza di pace. Piccola, quasi evanescente ma c'era ancora.
Sono ritornato varie volte in Israele sempre per lavoro e ogni volta l'ho trovata cambiata. Dallo spirito comunitario dei kibbutz oggi c'è solo integralismo e repressione.
In un altra storia vi racconterò di quando costruimmo, nel 1995, i carri per la parata dei 3.000 anni di Gerusalemme o la costruzione della Balena di Giona, nel 2000, nel parco del museo Eretz Israel a Tel Aviv.
Mi rimangono, di quella prima esperienza, alcuni ricordi: Il tramonto dal Monte degli Olivi e sotto Gerusalemme che diventa quasi d'oro come la cupola della moschea sulla spianata.
L'odore di spezie e di eucalipto, i ragazzi di leva che, in borghese, avevano sempre l'M16 a tracolla e che lo mettevano, quando si sedevano in un fast food, sotto il tavolo con un piede sopra.
La mattina dopo iniziammo il corso a una ventina tra professori e studenti di accademia d'arte in un grande capannone nella zona nuova di Gerusalemme. Dei materiali che servivano c'era tutto, carta, matite, pennelli colori e il gesso.
Solo che era gesso da dentisti. Cioè quella specie di gesso con cui si fanno le impronte delle dentiere. Avevamo bisogno di gesso scagliola che ha un tempo di indurimento abbastanza lento da consentire di lavorarlo.
Quello da dentisti, complice anche il caldo, seccava in meno di 5 minuti. La soluzione dopo vari tentativi fu di usare acqua ghiacciata così che la reazione fosse un pò più lenta. Comunque fu un corso interessante per noi e per loro.
Una di loro che abitava a Haifa è venuta l'anno dopo, nostra ospite, e ha lavorato con me per tre mesi alla costruzione di un carro a viareggio. La cosa curiosa è che si chiamava Roma perchè suo padre, ebreo, era nato a Roma e fuggito insieme alla famiglia dopo le leggi razziali fasciste del 1938.
Nei giorni liberi, specialmente il sabato, andavamo a visitare la città vecchia. Entrando dalla porta di Damasco si entra nella parte araba di Gerusalemme, poi oltre alla Via Dolorosa, si vedono i resti del Cardo romano, le varie chiese, le sinagoghe, e il casino organizzato di un suk.
Gerusalemme è piccola, senti la storia in ogni pietra del muro o nei ciottoli dei vicoli. Divisa in quattro quartieri, musulmano, cristiano, ebreo e armeno e vivi la divisione culturale, fisica, mentale.
Ho visitato la spianata delle moschee, il muro del pianto, sono stato a Masada e all'oasi di En Ghedi sul Mar Morto. Ho visto gli insediamenti dei coloni ebrei, quasi tutti americani del sud quindi razzisti e integralisti. Le alture del Golan e ho capito che chi controlla l'acqua, vero tesoro in quelle terre, ha il potere di decidere la sorte di un popolo.
Sono stato a Gaza grazie a Zachi che aveva ed ha un amico palistinese che è chirurgo. Ed era molto diversa da oggi. Forse c'era ancora una speranza di pace. Piccola, quasi evanescente ma c'era ancora.
Sono ritornato varie volte in Israele sempre per lavoro e ogni volta l'ho trovata cambiata. Dallo spirito comunitario dei kibbutz oggi c'è solo integralismo e repressione.
In un altra storia vi racconterò di quando costruimmo, nel 1995, i carri per la parata dei 3.000 anni di Gerusalemme o la costruzione della Balena di Giona, nel 2000, nel parco del museo Eretz Israel a Tel Aviv.
Mi rimangono, di quella prima esperienza, alcuni ricordi: Il tramonto dal Monte degli Olivi e sotto Gerusalemme che diventa quasi d'oro come la cupola della moschea sulla spianata.
L'odore di spezie e di eucalipto, i ragazzi di leva che, in borghese, avevano sempre l'M16 a tracolla e che lo mettevano, quando si sedevano in un fast food, sotto il tavolo con un piede sopra.
E la cosa più sgradevole era quella di ritrovarsi su un autobus urbano con accanto gli ebrei ortodossi, quello con le treccine, cappotto e colbacco anche d'agosto. Puzzano come capre tibetane...