venerdì 7 maggio 2021

Tre colpi

Furono tre colpi di bacchetta a riportarmi in quell'aula dove gli altri ridevano di me. Tre colpi di bacchetta , due sulla lavagna ed uno sulla mia testa.
Era la fine di maggio e il maestro prima di scrivere sulla lavagna aveva aperto la finestra. Entrò un canto, veniva dai prati sopra la scuola, stavano falciando il fieno.

Era un canto, forse stonato ma bello, nasceva dalla voglia di evadere da quella vita, era un canto d'amore. Cantavano tutti assieme, donne, uomini e ragazze.

Tra poco si sarebbero seduti sotto il ciliegio selvatico, avrebbero steso a terra un panno e sopra avrebbero messo il loro pasto, mangiando tutti assieme.

Ed avrebbero bevuto direttamente dal fiasco impagliato che quasi sicuramente conteneva vino fragolino, un vino con pochi gradi giusto da bersi nelle giornate calde.

Avevo voglia d'imparare da loro, dai loro gesti dai loro racconti, da quel mondo che da li a poco sarebbe cambiato.

Ma quei colpi di bacchetta mi riportarono in quella stanza dalle pareti macchiate di muffa ed a quei numeri sulla lavagna che per me non avevano un senso.

"Che fai, dormi?" Quella voce mi arrivò improvvisa come uno schiaffo in faccia. " No professore, non stavo dormendo" Mentre i compagni di classe ridevano, avrei voluto rispondergli: 

"Non stavo dormendo....non ero più qui....me n'èro andato....lassù in montagna, tra i campi di fieno dove cicale e donne cantavano. Dove c'è odor di gelsomino e rosa centifoglia.

Ero lassù dove dove il vento accarezza sussurrando le grandi querce sotto cui cantano i grilli e giocano i bimbi. 

Dove le rocce in alto ripetono il grido del falco. Ero proprio li dove le donne mi offrivano ciliege insegnandomi stornelli sboccati..... E tu professore cosa m'insegni? Solo parole incomprensibili!" 


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